3.25.2023

Tra Pascoli e Garcia Lorca

 


Gradita sorpresa stamattina! I miei versi in rima dedicati ai Salmi della Sacra Bibbia occupano il quarantasettesimo posto tra i best seller dei Top 100 della Categoria Poesia a Pagamento del Kindle Store (42.mo tra i libri di Esegesi Biblica e 70.mo tra i libri della Categoria Cristianesimo).

Una grande soddisfazione per uno dei volumi della mia Opera "La Bibbia in Rima" che da quasi trentanni vado componendo con un lavoro meticoloso e rispettoso della Parola.

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Circo in Avventura - 3

 

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3 CAPITOLO terzo

«Impara l’arte e mettila da parte!» mi ripete spesso Atticus; tanto più adesso che ho lasciato il Collegio e sono tornato stabilmente al Circo.

Costantina, tuttavia, un po’ perché non ha rinunciato a fare di me un uomo di cultura, capace di affermarsi anche al di fuori del circo, un po’ per spirito di contraddizione nei confronti del marito, insiste perché io non lasci di studiare e mi incoraggia sempre in tal senso, cercando di sottrarmi alle grinfie di Atticus, che mi vorrebbe invece dedito completamente alle molteplici arti circensi.

Al circo, da un po’ di tempo, si respira un’aria nuova. Atticus ha preannunciato che presto, come arriverà la primavera, passeremo le Alpi come fece Annibale, ma senza gli elefanti, aggiunge ridendo: lui ama fare spesso questi paragoni storici, perché è un fanatico della storia di Roma e non perde occasione per fare dei richiami alle vicende della Repubblica e dell’Impero fondato da Cesare Augusto.

Stiamo seguendo un antico itinerario che Atticus ha trovato tracciato  nelle famose dodici pergamene. In effetti  Atticus, quando non siamo impegnati negli spettacoli,  passa molto tempo immerso nello studio delle pergamene, alle quali sembra legata indissolubilmente la mia vita; quelle stesse che, a sentire quella linguaccia di Cernua, sono state rinvenute accanto a me, dentro un cofanetto intarsiato d’avorio, quando da bambino sono stato ritrovato abbandonato in riva al fiume, anche se non ho mai capito di quale fiume si tratti in realtà, se del Tevere, del Tamigi oppure di quale altro misterioso fiume;

e a tavola ha ripreso a parlare sempre più di frequente dell’itinerario che stiamo seguendo; si tratta di un viaggio davvero fantastico.

Atticus le chiama le pergamene di Peutinger (a volte anche le pergamene dell’imperatore) e dice che seguendo le loro indicazioni arriveremo sino all’India, dove potremo comprare le tigri e gli elefanti, così il nostro circo sarà di nuovo grande; più grande che in passato.

Di questo passato io non ricordo niente. So quello che si dice in famiglia, e cioè che prima esisteva un grande circo, dal nome inglese “West End”, o qualcosa del genere. Atticus aveva un socio che, a un certo punto, “inopinatamente”, ripete ogni qualvolta che ne parla arrabbiandosi immancabilmente, ha deciso di sciogliere la società, portandosi via tutti gli animali del circo esclusi i cavalli, di proprietà personale di Tina e i muli necessari a trainare i tre carrozzoni a noi assegnati nella divisione.

Quando a pranzo, oppure a cena, Atticus pronuncia quella misteriosa parola “inopinatamente”, le tre donne cominciano a sbuffare e si alzano dalla tavola. Ho capito che sono stufe di sentirgli raccontare sempre le stesse cose.

«Non dimenticare, come al solito, di dire che il tuo socio ti ha elargito una bella somma di danaro per compensarti della perdita degli animali e del resto delle attrezzature toccate a lui!», gli dice, seppure amabilmente, Tina nel lasciare la tavola (imitata con entusiasmo dalle due ragazze).

Allora restiamo soltanto noi tre uomini, come sottolinea Atticus: io, lui e Calcantor. A me non dispiace stare a sentire le sue storie; forse perché non mi ricordo quasi niente del mio passato e così recupero, attraverso i suoi racconti, qualche brandello della mia storia personale.

Comunque sia, da quando ha deciso di intraprendere il viaggio in India, Atticus usa sempre meno la parola “inopinatamente” e sempre di più la parola “avventura”.

Senza dubbio questa parola è più bella e affascinante.  In attesa di concludere l’avventuroso viaggio, Atticus, che ha ribattezzato il suo nuovo circo con il nome di “Periplus”, sta convincendo Mahout a riconvertirsi come cavallerizzo.

Non è facile. Anche se il giovane indiano è dotato di buona volontà e di un’agilità fuori dal comune, lui è un fantino di elefanti e sostiene di non avere una grande intesa con i cavalli.

Affiancando Atticus sto imparando tante cose del circo. Lui sa come coinvolgere le persone ed è molto preciso e appassionato nel suo lavoro. Io lo aiuto volentieri, così mi sento utile e importante.

Mi sento anche forte quando lo aiuto a montare le balaustre in legno per provare l’esercizio che vorrebbe insegnare a Mahout.

Non è un esercizio facile, perché si tratta di fare un salto da una specie di catapulta e ricadere in groppa a un cavallo in corsa. È un esercizio di agilità e precisione.

Noi montiamo un bilanciere a cavallo della balaustra centrale della pista; il cavallo inizia la sua corsa entrando in pista e, quando si trova nell’altra metà, il cavallerizzo viene sospinto in alto per poi ricadere in sella al cavallo.

Atticus ha una clessidra che calcola alla perfezione il tempo di percorrenza del cavallo. Io faccio da contrappeso su un lato del bilanciere, appesantito da dei sacchetti di sabbia appesi al collo, in modo da lanciare Mahout in aria, facendogli percorrere la traiettoria per ricongiungersi al cavallo in corsa.

«Tu, Moses farai da bilanciere e contrappeso sul petauro basculante, per il lancio di Mahout. È quel numero che precedeva il tuo ingresso in groppa agli elefanti nel Circo West End, ricordi? Non è difficile» interpone per rassicurare Mahout, il quale, essendo avvezzo a cavalcare gli elefanti, si fa prendere  dal  panico soltanto a sentir parlare di cavalli. Credo che sia più forte di lui.

 «Guarda» gli dice subito per rincuorarlo sbarazzando il piano del tavolo davanti a sé, sfruttandolo come se fosse stata una pergamena sulla quale disegnare, utilizzando un cucchiaio di legno a mo’ di stilo

«questa è la pista, d’accordo?»  Così dicendo, guardando negli occhi Mahout, desideroso anche lui, forse più dello stesso Atticus, di vincere le sue perplessità, prosegue, senza trascurare di rivolgere uno sguardo d’intesa anche a tutti noi, descrivendo sul tavolo due rettilinei paralleli, lunghi quanto lo stesso piano.

Mahout, con uno sguardo rassegnato, sembra assentire, coi suoi occhi dolci e remissivi.

«Costruiremo la pedana proprio a cavallo della balaustra divisoria, che ci farà inoltre da perno per la catapulta! La catapulta dovrà essere spostata di 45 gradi rispetto all’asse della balaustra, in maniera di facilitare l’approdo in discesa di Mahout sul cavallo in corsa. Noi avremo due clessidre uguali»- conclude quindi guardando me, ma rivolto a tutti

« I cavalli ci impiegano il tempo di svuotamento di una clessidra per fare due giri; quindi poco prima dello svuotamento della  seconda  metà, a un mio cenno, tu Moses,  darai la giusta spinta e tu, Mahout ,  dalla tua  posizione volerai e planerai da seduto proprio sul cavallo esterno; poi dal giro successivo, salterai in piedi, e farete il giro con Costantina, in equilibrio e con le mani interne giunte e quelle esterne per i saluti finali. Stasera lo proveremo sino a sincronizzarci alla perfezione! Deve essere la nostra apoteosi e non possiamo sbagliare!»

Ma nonostante i calcoli di Atticus siano teoricamente esatti, regolarmente Mahout cade miseramente sulla sabbia morbida che ricopre la pista.

Ogni volta Atticus si fa una grande risata e dice che andrà meglio la prossima volta. Per fortuna Mahout non si fa male e non se la prende più di tanto.

In realtà mi ha confidato che non vede l’ora che il Circo riabbia i suoi elefanti perché lui coi cavalli non ci va proprio d’accordo.

3.21.2023

Circo in avventura - 2

 

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2 CAPITOLO secondo

Il mio nome è Moses e ho tredici anni. La mia casa è il Circo. La mia famiglia è composta da Atticus Maimone, il direttore del Circo Periplus, da Costantina, che tutti chiamano Tina, sartina, cavallerizza e vera direttrice del Circo Periplus e dalle loro figlie Cernua e Loona, di undici e nove anni, che lavorano e studiano nel Circo.

Il nostro non è un grande circo. Un tempo lo era, come, seppure vagamente, mi ricordo anch’io. Un circo con tanti animali, elefanti, tigri, orsi, scimmie, giraffe e leopardi.

Adesso sono rimasti solo i cavalli bianchi di Tina e i muli che trainano i carri coi quali ci spostiamo, in giro per l’Europa e per l’Asia.

Quando qualche rara volta andiamo tutti e cinque al ristorante, oppure in chiesa (ma in tal caso Atticus aspetta di fuori), ci scambiano per tre fratelli e per una vera famiglia, ma a dire il vero io non sono sicuro che Atticus e Tina siano i miei genitori; e di conseguenza non sono nemmeno sicuro che Cernua e Loona siano le mie sorelle.

Infatti, mentre le due sorelle li chiamano mamma e papà, con diversi toni e sfumature e persino in diverse lingue, io li chiamo semplicemente Atticus e Tina.

Non di meno ho sempre vissuto con loro e non mi ricordo altri che loro nella mia vita. Non saprei dire nient’altro sulle mie origini, anche se ricordo che quando frequentavo il Collegio mi chiamavano Maximilian; ma io ho sempre pensato che quello sia una sorta di secondo nome e che il mio cognome sia Maimone, come quello di Loona e di Cernua.

Tina è una donna molto bella e simpatica. Ha gli occhi chiari e i capelli scuri e una figura atletica e scattante. È un misto di razze, anche se pare certo che sua madre fosse di origine spagnola e suo padre di origine slava. A vederla sembra molto più giovane di Atticus ma io so che hanno una differenza di età minima. 

Mi vuole bene come una mamma: mi segue in tutto e per tutto, per il cibo, i vestiti e la scuola; da bambino ricordo che mi faceva perfino il bagno, anche se adesso ho dovuto imparare a lavarmi da solo.

Poi mi difende in ogni occasione e contro chiunque. Mi ricordo una volta, l’unica occasione in cui l’ho vista assestare una cinquina a una delle figlie, che Cernua, con la quale avevamo litigato per le solite cose per cui litigano un maschio e una femmina che cercano di prevalere l’uno sull’altra (e con lei è ancora più facile litigare, perché ha davvero un brutto carattere e Loona spesso la chiama “bruja” che vuol dire strega), ha inteso insultarmi chiamandomi “pergamena” e mi ha detto che dovevo stare zitto perché mi avevano trovato abbandonato nella  riva di  un fiume, dentro  un cestino e con un cofanetto che conteneva dodici pergamene.

Nell’assegnarle uno schiaffo quanto mai forte e sonoro Tina le ha intimato di non dire mai più simili “tonterias”, che nella lingua spagnola che parlano tra di loro, vuole dire “scemenze”.

E dal giorno Cernua non ha più accennato a quel mio soprannome. Anche se Atticus consulta spesso, per gli itinerari del circo, delle pergamene, estraendole da un cofanetto, e affermando con sicurezza che grazie a quelle pergamene vivremo tutti per sempre, ricchi e felici. Costantina infine è una cavallerizza degna della migliore tradizione kazaka, alla quale suo marito Atticus, sembra volersi ispirare in tante occasioni.

Atticus è invece un uomo corpulento e barbuto, sempre vestito con certi costumi eccentrici e colorati, alquanto estroverso nel carattere, il cui nome completo è Atticus Maimone. Non di meno, un’aura di mistero lo avvolge; e forse sono soltanto leggende, quelle che circolano sul suo conto.

C’è infatti chi dice che sia un ex domatore di orsi da circo, divenuto ricco dopo avere sposato la figlia del padrone del circo dove era nato e cresciuto; c’è chi dice che sia un giudeo, ricco di famiglia, che ha saputo gestire e investire in diverse attività circensi, tutte alquanto redditizie. E c’è anche chi dice che sia un discendente di una nobile  famiglia egiziana, addirittura di regale ascendenza, convertitasi al giudaismo da innumerevoli generazioni e successivamente caduta in povertà.

In effetti lui stesso a volte parla di un certo Tolomeo, sovrano dell’Antico Egitto, nonché  raffinato astronomo e matematico che nei lunghi discorsi del dopocena con Calcantor, ai quali soltanto io assisto con interesse, contrappone a un filosofo greco di nome Aristotele.

E confesso di non aver mai capito se Atticus si identifichi con questo Tolomeo, assegnando a Calcantor il ruolo di Aristotele.

Ho capito soltanto che tra i due studiosi del passato, quello greco e quello egiziano, c’è un modo molto diverso di vedere il mondo e il cielo sopra di noi; ed è l’unica materia in cui Calcantòr entra in contrasto con Atticus che sarà pure suo amico, ma è anche il padrone del Circo per cui lui lavora.

Anche se molti di questi racconti  su Atticus devono essere delle invenzioni, frutto della fantasia popolare, non di meno, bisogna ammettere che si tratta di un personaggio eccentrico e ricco di un indubbio carisma;

il suo originale abbigliamento e i suoi roboanti slogan completano  quell’alone di fascino e mistero che, al di là di ogni chiacchiera e di ogni leggenda, attorniano la figura di Atticus Maimone.

Le sue grandi fissazioni sono la storia dell’Antico Egitto, la numerologia e le vicende di Roma antica, la cui grandezza declamava intramontabile e inimitabile nei secoli e nei millenni.

Cèrnua e Loona, come già detto, sono le figlie di Atticus e Costantina; ma questi sono soltanto i loro nomi d’arte; in realtà si chiamano Maria Sol e Marilù; la prima è più grande di due anni e ha sempre un’aria scontrosa e immusonita;

il suo fisico sembra sgraziato, ma forse è colpa dell’età; o magari della sua attività di contorsionista a cui è stata avviata dalla nonna materna sin da piccola; ha gli stessi occhi  acquamarina di Tina ma  i suoi capelli sono biondi; è una contorsionista di prim’ordine: la sua specialità è camminare sulle mani, muovendosi avanti e indietro e compiendo con i piedi le operazioni più disparate, come versare il vino o l’acqua da un vaso a dei calici ( con assoluta precisione nella mescita e nella misura),  tirare con l’arco e danzare circondata da spade; è molto buffa vederla camminare sulle mani e, all’inizio, fa una certa impressione; 

la sorella Loona ha ancora un fisico acerbo, magro e sottile, ma forse ne ha preso dalla linea spagnola di sua madre (o magari dal padre), con quei suoi capelli corvini e gli occhioni neri;  si esibisce come acrobata e funambola, ed è capace di muoversi sulla fune come se stesse volando.

Con la madre parlano la lingua spagnola. A me piace sentirle parlare in quella lingua che io capisco benissimo; qualche volta anche io la parlo, specialmente quando bisticcio con Cernua; ma si tratta di epiteti che lei mi rivolge e che io trasformo al femminile contro di lei.

Con Atticus parlano in inglese perché in realtà sono nate in Inghilterra, a Londra. Per questo le due sorelle se la tirano un poco e Marisol si dà delle arie da principessa (e io, quando mi fa arrabbiare, la chiamo “la principessa sul pisello”).

Qualche volta Atticus rivolge alle figlie delle frasi in un dialetto che si chiama Yddish, ma a loro  non piace molto parlarlo e gli rispondono in inglese.

 

 

3.19.2023

Circo in Avventura

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1 CAPITOLO

«Tina, io dico che Moses sarebbe un ottimo domatore di animali con un futuro certo e il pane assicurato!»

«E io ti dico che il ragazzo ha dei talenti che vanno valorizzati proseguendo con lo studio! E poi, non hai mai sentito dire, che non si vive di solo pane?»

Atticus Maimone cambiò tattica, pur di averla vinta.

«D’accordo. Ma ti sei fatta bene i conti? Sai quanto costerà mantenerlo a scuola fuori di qui?»

«Non ti preoccupare. Ho dei risparmi da parte destinati a quello scopo. Inoltre potrei anche incrementare l’attività della mia sartoria, se fosse necessario.»

Questi sono alcuni dei pochi ricordi che mi porto appresso del mio passato. Non saprei neppure dire dove e quando siano accaduti questi eventi; io li ricordo e basta; ma come se si trattasse di un sogno lontano.


Io mi sentivo sballottato come una palla da gioco, tra Atticus che diceva una cosa, e Costantina che sosteneva l’esatto contrario.

Se mi avessero chiesto che cosa avessi voluto io, non avrei saputo cosa rispondere, ma nessuno me lo chiese. Così mi rimisi alla sorte e avrei seguito la strada di quello dei due contendenti che avesse prevalso sull’altro.

Alla fine prevalse la tesi di Tina e fui mandato a frequentare la scuola fuori dal circo.

All’inizio fu dura. La vita era assai diversa in quella scuola. La libertà che avevo goduto al circo divenne presto un nostalgico ricordo. Tutto ruotava intorno allo studio.

Per fortuna studiare mi piaceva e piano, piano, riuscii a vincere la lontananza buttandomi a capofitto sui libri. 

Studiare all’esterno aprì la mia mente e potei posare il mio sguardo sul mondo. Come ci ripetevano spesso i nostri professori, studiare è come salire su per una grande scala. Quanto più si studia, tanto più in alto si sale.

E dall’alto è più facile osservare e analizzare il mondo.

Stando fuori dal Circo, nel quale avevo trascorso tutto il mio tempo precedente al trasferimento nella scuola, potei osservare quella realtà del mio passato dall’esterno, applicando gli stessi criteri e lo stesso modo di ragionare che andavo sviluppando sotto la guida dei miei sapienti e anziani precettori.

Visto dall’alto della mia nuova posizione, il nostro circo, mi appariva ora come un nobile decaduto. Pensavo sempre che esso fosse ancora il circo più importante del mondo, ma ero indotto a pensarlo da ragioni affettive, da motivazioni di carattere campanilistico.

Il nostro circo era sì avvolto in quella sua aura di nobiltà insigne e invincibile, ma ragionando con la realtà di fatti, non potevo non rendermi conto che altri circhi, di altre città, lo avevano sostituito nella primazia.

In estate e per le feste comandate la scuola ci permetteva di ricongiungerci alla nostra famiglia. Per me era sempre una grande festa ritornare al circo, anche se mi accorgevo di essere diventato sempre più chiuso in me stesso.

Trascorrevo quasi tutto il tempo delle vacanze chiuso in casa. Mentre Tina lavorava ai suoi costumi, io leggevo e svolgevo i doveri scolastici che ci erano stati assegnati; oppure parlavamo, anche se nessuno di noi era un gran chiacchierone.

Alla fine mi accorsi che quasi non vedevo l’ora di tornare al collegio.

Col tempo, quasi senza accorgermene divenni sempre più introverso e solitario. Non so se sia  stata la mia timidezza a spingermi verso quella svolta involutiva, oppure il mio senso del dovere e la voglia di gratificare proprio Tina e i sacrifici che lei faceva per avviarmi agli studi.

Eppure, a un certo punto, qualcosa che anche a distanza di tanto tempo non riesco a focalizzare con chiarezza, mi spinse a chiedere di lasciare il Collegio.

Fu una forza tanto irresistibile, quanto inspiegabile; con la ragione riflettevo che non fosse giusto lasciare gli studi e ripagare con quella cattiva moneta i sacrifici di Tina, che aveva sempre creduto in me; ma con il cuore, con i sentimenti, sentivo di dover rientrare nel mondo del Circo.

Era lì la mia vita, era lì che volevo stare, per sempre.

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3.12.2023

La Nuova Alba



La Nuova Alba

(ode in morte di mio fratello Mauro)

 

Ora son caduti i veli di Maya

E non riveste più il tuo corpo

L’armatura del siro Naamàn

brilla sul tuo viso

 l’antica luce

Dei nostri giochi infantili

Quando le speranze

Eran di là da venire

E non ci divideva ancora

L’ingannevole  legge

Che indurisce i cuori.

Corri adesso

Sulle tue agili gambe

Aspettami nelle assolate terre

Dove il sole non tramonta mai


3.03.2023

Proverbi - 4

 


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Dai Capitoli 10-11

Altri detti e sentenze varie

 

Ed ecco altri detti di Salomone.

Il figlio saggio rende lieto il padre;

serve a chi è privo di senno, il bastone

 

sulla schiena. Assai triste è la madre

dello stolto. Mano pigra perisce,

non giova il frutto, né a ladri, né a ladre;

 

il giusto la fame mai non patisce,

ma l’avidità di quegli empi è vana;

chi ha la mano operosa arricchisce.

 

Ricopre ogni cosa come la lana

l’amore; ma invece l’odio crea litigi.

Sono sicuri come in una tana,

 

color che alle regole son ligi.

3.02.2023

Proverbi - 3

 

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Capitolo Quinto

Sulle Donne

 

Bevi quell’acqua della tua cisterna,

e quella che zampilla dal tuo pozzo,

perché la tua sorgente non esterna

 

sia, né all’uso dell’estraneo sozzo.

Che sia benedetta la tua sorgente,

sii con tua moglie tale e quale mozzo

 

di rüota, invaghito amabilmente

per sempre e solamente del suo amore.

Con lei inebriati teneramente.

  

Scrivi nella tavola del tuo cuore:

non lusingarti con donna straniera;


non cercare nel suo petto il tepore;

 

di vergogna e percosse è forïera,

la condotta di chi alla donna altrui

s’accosta. Dalla donna forestiera

 

guardati come dai sentieri bui.

Legati alle dita questi precetti,

perché io son per te ciò che io fui

 

per mio padre. Egli simili detti,

che risalgono al gran Re Salomone,

li formulò per gli uomini retti,

 

perché Dio ogni Sua protezione,

l’ha in serbo per genti di buon’ora,

che non patiranno tribolazione,

 

e vedranno la luce dell’Aurora.

 

3.01.2023

Qoelet - 3

 

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Capitolo 12

 

Prima che sfiorisca la tua bellezza

Ricordati del tuo benefattore,

mentre splende ancor la tua giovinezza

 

e brillano le stelle dell’amore:

presto non proverai più alcun gusto

e più corte saranno le tue ore

 

e indifferente sarai al trambusto

della vita, quando si avrà paura

delle alture e si attenuerà del giusto,

 

e d’ogn’ altro, i piaceri a dismisura,

e ritorni il soffio vitale là,

donde è venuto, da Dio, e la dura

 

legge s’affermi. Tutto è vanità!

In viaggio come un Pellegrino

  In questo ponte della Festa di tutti i Santi mi sono recato in pellegrinaggio a Roma con l'UNITALSI. L'itinerario prevedeva la vis...