In questo ponte della Festa di tutti i Santi mi sono recato in pellegrinaggio a Roma con l'UNITALSI. L'itinerario prevedeva la visita alle quattro principali basiliche romane: San Pietro, Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano e San Paolo Fuori le Mura.
Quando mi sono fermato in contemplazione davanti all'icona mariana Salus Populi Romani, custodita nella basilica papale di Santa Maria Maggiore, mi è subito balzata alla mente la visione di papa Francesco.
L'ho rivisto come se fosse allora, in piena pandemia Covid, nel marzo del 2020, ergersi in tutta la sua statura morale e spirituale, sotto la pioggia, in compagnia del Crocifisso di San Marcello al Corso, in una Piazza san Pietro, spettrale e deserta.
Un uomo solo, pellegrino sulla terra, che mostrava al mondo il simbolo dell'umanità ferita, gemente, stordita, confusa, trepidante, che in, in quel momento drammatico, sentiva sulle sue spalle tutta la fragilità e i limiti dell'essere umano. Un'umanità incredula, tradita e vilipesa, nella sua dignità, dal progresso fallace, agonizzante dopo il delirio di onnipotenza che un materialismo esacerbato ci ha portato, in questo terzo millennio, ad esaltare e a innalzare come un idolo inarrivabile, un dispensatore di doni e di felicità.
La potenza evocatrice di quell'immagine, dove la fragilità umana del papa pellegrino in terra, si fondeva con il simbolo della grandezza e dell'umiltà, rappresentato dal Crocifisso, manifestava e confermava il suo significato più intimo e profondo nelle parole che Francesco riecheggiava dal Vangelo, richiamando l'immagine degli Apostoli spauriti nel mar di Tiberiade, nella barca sballottata dalla furia della tempesta.
Un richiamo che mostrava insieme paura, e desiderio di speranza e di conforto: "Signore, non t'importa che noi moriamo?"
"Perché tremate uomini? Non avete ancora abbastanza fede? Tornate a me, uomini che siete offesi, umiliati, impauriti da un mondo presuntuoso, arrogante e superbo convinto di trovare sicurezza nel potere, nei piaceri, nel danaro".
Messaggi più che mai attuali, adesso, dopo cinque anni da quell'iconica apparizione in piazza San Pietro, mentre il Mediterraneo, l' Europa e il mondo intero bruciano sotto le bombe, e i soldati, i vecchi e i bambini soccombono, vittime della guerra.
Sbaglia chi pensa che un pellegrinaggio sia soltanto un viaggio di preghiera e di dolore. Si vive molto di più di questo andando in pellegrinaggio. Se la fede, o la ricerca della fede, possono essere la molla che ci spinge ad intraprendere il viaggio, nella quotidianità del percorso si tocca con mano la solidarietà con gli ultimi, con i più fragili, con i diversamente abili che vengono messi in condizione di condividere l'esperienza dall'aiuto disinteressato dei volontari che affiancano le diverse associazioni, oggi rappresentate dall'UNITALSI ma presenti in tutta Italia in diverse forme. Per poi essere accolti in prima fila, a San Pietro, per vedere e sentire papa Leone che, nella sua omelia, conferma la predilezione della Chiesa di Cristo per questi fratelli che sono i testimoni del senso più autentico del vivere la fratellanza.
E poi c'è l'arte, quel linguaggio universale che spinge anche gli atei dentro le chiese ad ammirare l'ingegno e i sentimenti umani che prendono forma, nel tentativo di svelare il mistero che avvolge e compenetra la presenza dell'uomo sulla terra.
Siamo tutti pellegrini sulla terra. Pur se a volte inconsapevoli di esserlo.
