giovedì 25 aprile 2019

Memorie di scuola



A.S. 1969-1970 (seconda parte)
Dalla strage di Piazza Fontana ai  Mondiali di calcio di Messico ‘70
Ci sono degli avvenimenti, nella storia dell’uomo, che pur apparendo alquanto scollegati,   hanno invece un rapporto di causa a effetto niente affatto trascurabile.
Si potrebbe anche affermare, non di meno,  che quegli stessi avvenimenti si sarebbero comunque  verificati, indipendentemente e a prescindere,  dagli altri.
E forse questa seconda affermazione ha più probabilità di essere vera rispetto alla prima.
Quello di cui sono certo è  che la storia dell’uomo non è altro che una incessante lotta per la supremazia del potere. A tal proposito qualcuno più ferrato di me ha scritto che la lotta viene condotta dagli uomini per il possesso dei mezzi di produzione; ma non sono sicuro di non essere vittima di un retaggio del materialismo storico studiato in gioventù, anche se nei decenni successivi ho preferito aderire alla dottrina sociale cattolica.
Queste riflessioni mi sono venute alla mente mentre rielaboravo i miei appunti sul 1970.
All’inizio di quell’anno io frequentavo la seconda ragioneria all’Istituto Commerciale Leonardo di Vinci di Cagliari.
Naturalmente non avevo ancora iniziato lo studio dell’economia politica ma a maggio di quell’anno entrò in vigore in Italia lo Statuto dei lavoratori che io   ebbi modo di studiare e approfondire più avanti nei miei anni universitari e nella mia professione di avvocato.  
Fu questa legge il frutto di tante lotte, iniziate nei decenni precedenti dai sindacati dei lavoratori più rappresentativi della grande industria italiana.
Fu un bel successo per tutti i lavoratori; un riscatto tanto agognato quanto meritato per i soprusi subiti da dipendenti che sudavano onestamente per guadagnarsi da vivere; ma allo stesso tempo fu un duro colpo per quei datori di lavoro (chiamati dispregiativamente “padroni” dalla classe avversa) che, lontani da ogni desiderio di sfruttamento nei confronti dei propri dipendenti, amavano condividere con loro le gioie e i dolori del lavoro in azienda (penso, ad esempio, a un Adriano Olivetti; ma anche a quei numerosi artigiani che vivono la quotidianità del duro lavoro e, pur di non privare i loro operari del giusto salario a fine mese, erano capaci di investire tutto  il ricavato dell’impresa, caricarsi di debiti con le banche e, in certi mesi, rinunciare perfino a qualsiasi emolumento).
L’amara verità alla quale sono pervenuto dopo decenni di studio e, soprattutto di vita vissuta e di riflessioni, è che le leggi non sono altro che dei tentativi di dare un assetto equilibrato alla società e ai rapporti umani che vi si svolgono; in tale ottica  le leggi sono un male necessario per regolare le attività umane,   proprio a causa dell’animo egoista che alberga dentro ciascuno di noi (in misura più o meno grande); nel suo estremo egoismo l’uomo vive di squilibri e tende alla sopraffazione e all’intolleranza, nella convinzione di possedere, in esclusiva sugli altri, il bandolo della giustizia, la matassa della ragione e la stessa verità.
Ed è per questo che gli esperimenti di ogni società comunitaria e paritaria  sono miseramente falliti e sempre falliranno; così come è fallito e fallirà sempre ogni utopistico sogno di anarchia, di autogestione e di gestione collettiva di beni comuni.
Ovviamente le  leggi, tutte le leggi,  sono il risultato di quei rapporti di forza di cui parlavo dianzi. Ed essendo un prodotto storico ed  umano, come tale è soggetto ad imprecisioni e presenta inevitabilmente dei coni d’ombra in cui si celano e si perpetrano gli abusi.
Lo Statuto dei lavoratori del 1970 rappresentava tutto ciò: un argine per i datori di lavoro arroganti e protervi, fautori di imprese padronali, considerate le nuove miniere, i nuovi feudi dell’industrializzazione rampante del boom economico, le ferriere mai chiuse e mai morte nelle teste degli eterni ricchi e dei pidocchiosi arricchiti (o dei nuovi ricchi se si preferisce);  ma anche uno strumento di abuso in mano a qualche  operaio scansafatiche, a certi sindacalisti accecati dal marxismo velleitario e idealista (e forse anche utopistico). In fondo, però, una buona legge, che reprimeva più torti di quante ragioni si trovasse a sacrificare. E poi, una legge dalla parte dei deboli, è sempre una buona legge. Peccato che dei giovani politici, tanto inesperti quanto rampanti l’abbiano stravolta con modifiche peggiorative in danno dei più deboli.
Ma la lotta per il potere non si ferma mai: “boia chi molla” scrisse qualcuno sui muri d’Italia in quegli anni settanta.
Potevano gli industriali italiani mollare così facilmente, soltanto per una legge che aveva visto vittoriosa (per una volta) la classe avversa?
La FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino, oggi FCA, Fiat Crysler Automobiles) fu la prima grande industria che prese le contromisure.
Lo Statuto dei lavoratori tutela maggiormente i lavoratori con più di 50  dipendenti? Smembriamo la nostra impresa e suddividiamo l’attività produttiva, decentrandola  in innumerevoli aziende con dieci, venti, trenta, massimo quaranta dipendenti!
Questa fu la risposta della FIAT nell’immediato (nel  breve periodo, si usa dire in economia).
Ma la risposta nel medio e nel lungo periodo di tutto il mondo padronale, ai massimi livelli occupativi fu collegiale e micidiale. E il mondo occidentale, le famiglie e i lavoratori   stanno ancora piangendo per quelle tremende contromisure!
Quale fu, dunque, l’effetto che causò quella legge così protettiva e garantista in favore  dei lavoratori?
Semplice e terribile come  l’aria che respiriamo.
Lo Statuto dei lavoratori tutela e garantisce i lavoratori proteggendoli dall’imprenditore e obbligando l’impresa a comportamenti limitativi del profitto?
Allora aboliamo semplicemente i lavoratori!!!
Così nacquero i primi assemblaggi meccanici, i motori interamente robotizzati, le macchine che sostituiscono l’uomo!
Con buona pace dei sindacati dei lavoratori e di chi era convinto che il robot fosse stato inventato per aiutare l’uomo a vivere meglio!
E anche di chi pensa che gli accadimenti storici e umani siano tutti slegati tra loro, oppure casuali e occasionali.
A fine maggio, quando iniziarono i campionati del mondo, il verdetto del mio anno scolastico era già ufficiosamente acquisito. A giugno arrivò la conferma ufficiale:   venni promosso alla classe terza senza materie a settembre. Anche quell’anno il preside mi fece avere un regalo: una Garzantina in due volumi che ancora conservo gelosamente tra i miei libri.
Così potei godermi il campionato del mondo alla TV (ancora rigorosamente in bianco e nero).
In estate tornammo tutti in paese e la famiglia si ricompose. Fu bello ritrovare i miei fratelli e  i miei amici. E fu ancora più bello riavere la famiglia tutta unita sotto lo stesso tetto e ritrovarci tutti  attorno allo stesso tavolo per consumare i nostri pasti chiassosi, allegri e spensierati.
Durante il campionato del mondo di calcio l’Italia si divise in due partiti: quello favorevole a Rivera e quello favorevole a Mazzola. E  nei bar ci sentivamo tutti dei Valcareggi; il CT della Nazionale, per non scontentare nessuno, inventò la staffetta tra Rivera e Mazzola; un tempo di 45 minuti all’uno e un tempo all’altro.
Tutti ci stupimmo e ammirammo i nostri eroi nella semifinale con la Germania.
Il grande Gigi Riva (orgogliosamente sardo di adozione) che due anni prima ci aveva regalato la vittoria agli Europei di calcio, grazie alle sue sfolgoranti  reti, non riuscì però a regalarci la coppa Rimet. La vinse il Brasile.
Io andai a ballare, quella domenica.
La domenica era d’obbligo andare a ballare, in cerca di donne. Ma il massimo, per noi ragazzi di allora, senza soldi, senza macchina e senza casa,  era fare un poco di flanella sulla pista da ballo, mentre il complessino di turno (le discoteche come le conosciamo oggi sarebbero arrivate solo qualche anno dopo) intonava “Child in time” dei Deep Purple oppure “A wither shade of a pale” nella versione italiana dei Dik-Dick (si tratta della mitica “Senza luce”, un lento da sballo).
Rientrando dal ballo, mi bastò affacciarmi nel bar e vedere i musi lunghi e le voci deluse degli avventori per capire che la coppa Rimet sarebbe rimasta per sempre nell’altro emisfero.


 Trovi il   testo integrale di Memorie di scuola di Ignazio Salvatore Basile on line(c/o Mondadori store, Feltrinelli, IBS, Libreria Universitaria, Amazon ecc.) anche in cartaceo oppure in libreria il volume edito da Youcanprint ISBN 9788827845486. Il romanzo è disponibile anche in formato e-book nel sito della casa tramite il link sottostante.




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