sabato 25 marzo 2023

Circo in Avventura - 3

 

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3 CAPITOLO terzo

«Impara l’arte e mettila da parte!» mi ripete spesso Atticus; tanto più adesso che ho lasciato il Collegio e sono tornato stabilmente al Circo.

Costantina, tuttavia, un po’ perché non ha rinunciato a fare di me un uomo di cultura, capace di affermarsi anche al di fuori del circo, un po’ per spirito di contraddizione nei confronti del marito, insiste perché io non lasci di studiare e mi incoraggia sempre in tal senso, cercando di sottrarmi alle grinfie di Atticus, che mi vorrebbe invece dedito completamente alle molteplici arti circensi.

Al circo, da un po’ di tempo, si respira un’aria nuova. Atticus ha preannunciato che presto, come arriverà la primavera, passeremo le Alpi come fece Annibale, ma senza gli elefanti, aggiunge ridendo: lui ama fare spesso questi paragoni storici, perché è un fanatico della storia di Roma e non perde occasione per fare dei richiami alle vicende della Repubblica e dell’Impero fondato da Cesare Augusto.

Stiamo seguendo un antico itinerario che Atticus ha trovato tracciato  nelle famose dodici pergamene. In effetti  Atticus, quando non siamo impegnati negli spettacoli,  passa molto tempo immerso nello studio delle pergamene, alle quali sembra legata indissolubilmente la mia vita; quelle stesse che, a sentire quella linguaccia di Cernua, sono state rinvenute accanto a me, dentro un cofanetto intarsiato d’avorio, quando da bambino sono stato ritrovato abbandonato in riva al fiume, anche se non ho mai capito di quale fiume si tratti in realtà, se del Tevere, del Tamigi oppure di quale altro misterioso fiume;

e a tavola ha ripreso a parlare sempre più di frequente dell’itinerario che stiamo seguendo; si tratta di un viaggio davvero fantastico.

Atticus le chiama le pergamene di Peutinger (a volte anche le pergamene dell’imperatore) e dice che seguendo le loro indicazioni arriveremo sino all’India, dove potremo comprare le tigri e gli elefanti, così il nostro circo sarà di nuovo grande; più grande che in passato.

Di questo passato io non ricordo niente. So quello che si dice in famiglia, e cioè che prima esisteva un grande circo, dal nome inglese “West End”, o qualcosa del genere. Atticus aveva un socio che, a un certo punto, “inopinatamente”, ripete ogni qualvolta che ne parla arrabbiandosi immancabilmente, ha deciso di sciogliere la società, portandosi via tutti gli animali del circo esclusi i cavalli, di proprietà personale di Tina e i muli necessari a trainare i tre carrozzoni a noi assegnati nella divisione.

Quando a pranzo, oppure a cena, Atticus pronuncia quella misteriosa parola “inopinatamente”, le tre donne cominciano a sbuffare e si alzano dalla tavola. Ho capito che sono stufe di sentirgli raccontare sempre le stesse cose.

«Non dimenticare, come al solito, di dire che il tuo socio ti ha elargito una bella somma di danaro per compensarti della perdita degli animali e del resto delle attrezzature toccate a lui!», gli dice, seppure amabilmente, Tina nel lasciare la tavola (imitata con entusiasmo dalle due ragazze).

Allora restiamo soltanto noi tre uomini, come sottolinea Atticus: io, lui e Calcantor. A me non dispiace stare a sentire le sue storie; forse perché non mi ricordo quasi niente del mio passato e così recupero, attraverso i suoi racconti, qualche brandello della mia storia personale.

Comunque sia, da quando ha deciso di intraprendere il viaggio in India, Atticus usa sempre meno la parola “inopinatamente” e sempre di più la parola “avventura”.

Senza dubbio questa parola è più bella e affascinante.  In attesa di concludere l’avventuroso viaggio, Atticus, che ha ribattezzato il suo nuovo circo con il nome di “Periplus”, sta convincendo Mahout a riconvertirsi come cavallerizzo.

Non è facile. Anche se il giovane indiano è dotato di buona volontà e di un’agilità fuori dal comune, lui è un fantino di elefanti e sostiene di non avere una grande intesa con i cavalli.

Affiancando Atticus sto imparando tante cose del circo. Lui sa come coinvolgere le persone ed è molto preciso e appassionato nel suo lavoro. Io lo aiuto volentieri, così mi sento utile e importante.

Mi sento anche forte quando lo aiuto a montare le balaustre in legno per provare l’esercizio che vorrebbe insegnare a Mahout.

Non è un esercizio facile, perché si tratta di fare un salto da una specie di catapulta e ricadere in groppa a un cavallo in corsa. È un esercizio di agilità e precisione.

Noi montiamo un bilanciere a cavallo della balaustra centrale della pista; il cavallo inizia la sua corsa entrando in pista e, quando si trova nell’altra metà, il cavallerizzo viene sospinto in alto per poi ricadere in sella al cavallo.

Atticus ha una clessidra che calcola alla perfezione il tempo di percorrenza del cavallo. Io faccio da contrappeso su un lato del bilanciere, appesantito da dei sacchetti di sabbia appesi al collo, in modo da lanciare Mahout in aria, facendogli percorrere la traiettoria per ricongiungersi al cavallo in corsa.

«Tu, Moses farai da bilanciere e contrappeso sul petauro basculante, per il lancio di Mahout. È quel numero che precedeva il tuo ingresso in groppa agli elefanti nel Circo West End, ricordi? Non è difficile» interpone per rassicurare Mahout, il quale, essendo avvezzo a cavalcare gli elefanti, si fa prendere  dal  panico soltanto a sentir parlare di cavalli. Credo che sia più forte di lui.

 «Guarda» gli dice subito per rincuorarlo sbarazzando il piano del tavolo davanti a sé, sfruttandolo come se fosse stata una pergamena sulla quale disegnare, utilizzando un cucchiaio di legno a mo’ di stilo

«questa è la pista, d’accordo?»  Così dicendo, guardando negli occhi Mahout, desideroso anche lui, forse più dello stesso Atticus, di vincere le sue perplessità, prosegue, senza trascurare di rivolgere uno sguardo d’intesa anche a tutti noi, descrivendo sul tavolo due rettilinei paralleli, lunghi quanto lo stesso piano.

Mahout, con uno sguardo rassegnato, sembra assentire, coi suoi occhi dolci e remissivi.

«Costruiremo la pedana proprio a cavallo della balaustra divisoria, che ci farà inoltre da perno per la catapulta! La catapulta dovrà essere spostata di 45 gradi rispetto all’asse della balaustra, in maniera di facilitare l’approdo in discesa di Mahout sul cavallo in corsa. Noi avremo due clessidre uguali»- conclude quindi guardando me, ma rivolto a tutti

« I cavalli ci impiegano il tempo di svuotamento di una clessidra per fare due giri; quindi poco prima dello svuotamento della  seconda  metà, a un mio cenno, tu Moses,  darai la giusta spinta e tu, Mahout ,  dalla tua  posizione volerai e planerai da seduto proprio sul cavallo esterno; poi dal giro successivo, salterai in piedi, e farete il giro con Costantina, in equilibrio e con le mani interne giunte e quelle esterne per i saluti finali. Stasera lo proveremo sino a sincronizzarci alla perfezione! Deve essere la nostra apoteosi e non possiamo sbagliare!»

Ma nonostante i calcoli di Atticus siano teoricamente esatti, regolarmente Mahout cade miseramente sulla sabbia morbida che ricopre la pista.

Ogni volta Atticus si fa una grande risata e dice che andrà meglio la prossima volta. Per fortuna Mahout non si fa male e non se la prende più di tanto.

In realtà mi ha confidato che non vede l’ora che il Circo riabbia i suoi elefanti perché lui coi cavalli non ci va proprio d’accordo.

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