Uno
dei professori che ricordo con affetto e
ammirazione è Giacomo Gavazzi.
Era titolare della cattedra di Teoria generale del diritto.
Le sue spiegazioni volavano in alto, come il fumo delle Marlboro che fumava ininterrottamente durante la lezione. Le sue parole avevano anzi la stessa densità e la levità del fumo delle sue sigarette: parlava infatti espirando il fumo ispirato poco prima dalla sigaretta.
Il prof. Gavazzi aveva tradotto (non saprei dire adesso se dal danese o dall’inglese) il libro di testo di Alf Ross, “Diritto e Giustizia” che avevamo in adozione.
Debbo confessare che anche questo lo avevo divorato con interesse e curiosità. In quegli anni sentivo dentro di me una grande forza che mi spingeva ad apprendere.
Allora, come d’altronde ancora oggi, immaginavo l’Università (e lo studio in generale) come una grande scala, i cui gradini, nel salire, ti consentono di vedere il mondo dall’alto. E più sali e più riesci a vedere e a capire del mondo che ci circonda. Occorre però stare attenti, nel salire, a non allontanarsi troppo dalla vita sottostante, per non perdere il contatto con la realtà, cosa che accade a molti studiosi, che finiscono per ritrovarsi nella famosa torre d’avorio, dalla quale osservano poi il mondo reale, senza più riconoscerlo.
Le lezioni di Teoria generale del diritto mi chiarivano le idee sul significato più profondo del diritto, sulla sua funzione, sul senso che le norme giuridiche acquistano in rapporto alle vicende umane ed in relazione alle altre norme che giuridiche non sono; alla stessa stregua in cui le istituzioni e la storia del diritto romano mi mostravano il cammino millenario che l’uomo aveva percorso per giungere ad essere ciò che oggi siamo in termini di organizzazione e di disciplina delle relazioni umane, sia quelle tra uomini e sia quelle tra gli uomini e le altre entità giuridiche, pubbliche o private che esse siano; così come il diritto costituzionale mi avrebbe mostrato, più in là negli esami, l’organizzazione politica in cui dal centro si dipana la fitta rete delle strutture e degli enti politici, partendo dalla base elettorale e dalle cellule sociali di base che quella rete alimentano con la linfa democratica, tanto più fluida e pulita, quanto più genuina e onesta risulti essere quella base organica (e viceversa).
Più tardi avrei inoltre imparato che le categorie giuridiche sono una conseguenza dell’assestamento di quelle economiche e che sono queste ultime, in realtà, quelle che dettano le regole. Ma al tempo ero troppo ingenuo per capirlo.
Adesso che i miei sogni di affrancazione e di riscatto, coltivati negli anni degli scioperi e delle battaglie scolastiche, mi avevano abbandonato, mi aggrappavo allo studio e alle lezioni di quei grandi uomini di scienza per dare e per trovare un senso nella mia vita, cercando di dipanare quella matassa che mi si era aggrovigliata nell’animo sin dalla prima adolescenza.
Oltre a quelle lezioni mirabili, lenivano le mie angustie esistenziali le canzoni che ascoltavo alla radio oppure da certi miei amici, sempre all’avanguardia con i dischi e con gli impianti stereo. Talvolta, come nel caso degli Inti Ilimani, mi infiammavo nel pensare alle ingiustizie del mondo e alla possibilità che il popolo unito potesse porvi veramente fine.
Ma ormai io mi sentivo sempre di più un sasso di fiume, un ciottolo abbandonato alla corrente che accetta con fatalismo di essere condotto dove la corrente fluisce, senza più forze e senza più voglia di ribellarsi.
Così, nonostante avessi due fratelli maggiori che avevano già svolto il servizio militare, nonostante il mio favismo, nonostante avessi avuto il diritto di chiedere il rinvio per ragioni di studio (dato che negli esami ero del tutto regolare), arrivò a casa la chiamata alle armi ed io non feci niente per chiedere il rinvio (ed ancor meno fece mio padre, il quale era convinto che il servizio militare fosse una panacea che faceva guarire tutti i mali esistenziali e che fosse una insostituibile ed impareggiabile scuola di vita).
Era titolare della cattedra di Teoria generale del diritto.
Le sue spiegazioni volavano in alto, come il fumo delle Marlboro che fumava ininterrottamente durante la lezione. Le sue parole avevano anzi la stessa densità e la levità del fumo delle sue sigarette: parlava infatti espirando il fumo ispirato poco prima dalla sigaretta.
Il prof. Gavazzi aveva tradotto (non saprei dire adesso se dal danese o dall’inglese) il libro di testo di Alf Ross, “Diritto e Giustizia” che avevamo in adozione.
Debbo confessare che anche questo lo avevo divorato con interesse e curiosità. In quegli anni sentivo dentro di me una grande forza che mi spingeva ad apprendere.
Allora, come d’altronde ancora oggi, immaginavo l’Università (e lo studio in generale) come una grande scala, i cui gradini, nel salire, ti consentono di vedere il mondo dall’alto. E più sali e più riesci a vedere e a capire del mondo che ci circonda. Occorre però stare attenti, nel salire, a non allontanarsi troppo dalla vita sottostante, per non perdere il contatto con la realtà, cosa che accade a molti studiosi, che finiscono per ritrovarsi nella famosa torre d’avorio, dalla quale osservano poi il mondo reale, senza più riconoscerlo.
Le lezioni di Teoria generale del diritto mi chiarivano le idee sul significato più profondo del diritto, sulla sua funzione, sul senso che le norme giuridiche acquistano in rapporto alle vicende umane ed in relazione alle altre norme che giuridiche non sono; alla stessa stregua in cui le istituzioni e la storia del diritto romano mi mostravano il cammino millenario che l’uomo aveva percorso per giungere ad essere ciò che oggi siamo in termini di organizzazione e di disciplina delle relazioni umane, sia quelle tra uomini e sia quelle tra gli uomini e le altre entità giuridiche, pubbliche o private che esse siano; così come il diritto costituzionale mi avrebbe mostrato, più in là negli esami, l’organizzazione politica in cui dal centro si dipana la fitta rete delle strutture e degli enti politici, partendo dalla base elettorale e dalle cellule sociali di base che quella rete alimentano con la linfa democratica, tanto più fluida e pulita, quanto più genuina e onesta risulti essere quella base organica (e viceversa).
Più tardi avrei inoltre imparato che le categorie giuridiche sono una conseguenza dell’assestamento di quelle economiche e che sono queste ultime, in realtà, quelle che dettano le regole. Ma al tempo ero troppo ingenuo per capirlo.
Adesso che i miei sogni di affrancazione e di riscatto, coltivati negli anni degli scioperi e delle battaglie scolastiche, mi avevano abbandonato, mi aggrappavo allo studio e alle lezioni di quei grandi uomini di scienza per dare e per trovare un senso nella mia vita, cercando di dipanare quella matassa che mi si era aggrovigliata nell’animo sin dalla prima adolescenza.
Oltre a quelle lezioni mirabili, lenivano le mie angustie esistenziali le canzoni che ascoltavo alla radio oppure da certi miei amici, sempre all’avanguardia con i dischi e con gli impianti stereo. Talvolta, come nel caso degli Inti Ilimani, mi infiammavo nel pensare alle ingiustizie del mondo e alla possibilità che il popolo unito potesse porvi veramente fine.
Ma ormai io mi sentivo sempre di più un sasso di fiume, un ciottolo abbandonato alla corrente che accetta con fatalismo di essere condotto dove la corrente fluisce, senza più forze e senza più voglia di ribellarsi.
Così, nonostante avessi due fratelli maggiori che avevano già svolto il servizio militare, nonostante il mio favismo, nonostante avessi avuto il diritto di chiedere il rinvio per ragioni di studio (dato che negli esami ero del tutto regolare), arrivò a casa la chiamata alle armi ed io non feci niente per chiedere il rinvio (ed ancor meno fece mio padre, il quale era convinto che il servizio militare fosse una panacea che faceva guarire tutti i mali esistenziali e che fosse una insostituibile ed impareggiabile scuola di vita).
3. continua
La parte prima del libro, che va dal 1960 al 1973 si può acquistare in tutti gli store oppure direttamente al link dell'editore: https://www.youcanprint.it/biografia-e-autobiografia-generale/memorie-di-scuola-9788827845486.html
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