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“ Anche il barbiere ti
sta aspettando”- mi gridò dietro la guardia, mentre già mi ero avviato.
Il taglio dei capelli, come intuivo e come ebbi
conferma di lì a poco, costituiva un vero e proprio rito di iniziazione alla
naja.Con i capelli cadeva simbolo principale della laicità di allora.
Nel sentire comune (e mio padre non faceva certo eccezione) i capelloni erano il cancro della società, i responsabili del degrado e della deriva morale. Ai capelli si associavano inoltre, più o meno impropriamente, tutti i mali presenti nella società contemporanea: la promiscuità e la liberta sessuale, l’uso di droghe e l’anarchismo.
A me delle droghe non
me ne poteva fregar di meno (all’epoca non sapevo neanche cosa fossero
esattamente); degli anarchici sapevo
soltanto che ogni volta che c’era qualcuno da sacrificare come capro
espiatorio, essi costituivano la preda ideale. Così era stato per Sacco e Vanzetti
in America e lo stesso si era verificato per Pietro Valpreda e per Giuseppe
Pinelli in seguito alla misteriosa vicenda della strage di Piazza Fontana,
avvenuta a Milano nel 1969 (l’atto
terroristico che diede il via alla strategia della tensione in Italia, come ho
già avuto modo di segnalare all’attento lettore nel primo volume di queste mie
memorie).
Sulla libertà sessuale,
avrei voluto invece dire la mia. E cioè che io ero convinto della legittimità
in capo ai giovani, non solo di portare i capelli lunghi, ma anche di praticare
la più estesa e variegata libertà sessuale che si potesse praticare, senza
limiti e limitazioni e in base ai gusti sessuali di ciascuno.
Ma agli occhi dei
matusa benpensanti e dei borghesi (come io confusamente chiamavo tutti quelli
che non portavano i capelli lunghi e non amavano la musica Rock) i capelloni
erano un male da estirpare per riportare la pace nelle famiglie, l’ordine
sociale e l’igiene pubblica (tra le altre accuse ai capelloni veniva mossa
quella di essere sporchi e di convivere con le pulci, i pidocchi e le piattole
nella testa).
E quel taglio barbaro e
selvaggio praticato in caserma come primo atto del servizio (prima ancora dello
stesso atto di arruolamento amministrativo e prima ancora della consegna della
divisa, delle coperte e delle lenzuola per allestire la branda militare) era una vendetta e un atto di riparazione
sociale allo stesso tempo.
Lo Stato e la società
civile si riprendevano in un colpo solo quei giovani sfuggiti agli schemi
predisposti, ribelli all’ordine costituito, sognatori di un mondo utopistico
fatto di idealismo egualitario, di viaggi veri e di avventure psichedeliche, di una vita senza regole, di
una condivisione comunitaria che sovvertiva i principii del capitalismo,
minando alle basi l’ordine sociale vigente.
I più scatenati e
reazionari arrivavano a evocare le purghe, i manganelli e le forbici tosa
pecore, da mettere in azione magari il sabato mattina in tutte le scuole di
ogni ordine e grado, reintroducendo come materie obbligatorie la ginnastica mattutina, i corsi di igiene
personale e l’educazione sanitaria.
I moderati si limitavano
a propugnare un divieto di portare i capelli lunghi per i dipendenti pubblici e
la chiusura delle discoteche.
I politici democristiani
e quelli che via, via gli si
associavano, prima nel centro sinistra, poi nelle formule quadri e
pentapartitiche, facevano finta di ascoltare e di assecondare tutti quanti ma poi
lasciavano correre. L’importante, in fondo, era che potessero continuare a
gestire il potere. I loro tutori americani, terrorizzati che il comunismo
potesse scalzare la democrazia cristiana e i suoi alleati di sicura fede
atlantica, a vendo conosciuto e gestito prima di loro il fenomeno della
contestazione giovanile ( sin dalla prima ondata dei figli dei fiori dei primi
anni sessanta e sino alle contestazioni contro la guerra del Viet-Nam, che di
lì a poco sarebbe finita con la sconfitta clamorosa degli Yankees),
consigliavano di non prendere troppo di petto il fenomeno, lasciando che le
menti più argute e coraggiose si spegnessero e si annullassero negli infiniti
meandri delle droghe pesanti (soprattutto il micidiale acido lisergico, noto
con l’acronimo LSD e l’eroina, pericoloso derivato dell’oppio); il tempo
avrebbe fatto il resto, reinserendo i superstiti nei ranghi delle regole consumistiche e produttive.
I comunisti,
eternamente all’opposizione nei governi nazionali, cominciavano ad assaporare
il potere nei livelli intermedi (soprattutto dopo la partenza delle regioni, avvenuta di fatto
nel 1971) e sembravano strizzare gli occhi, insieme ai radicali, a tutti questi contestatori di variegata
natura.
Certo la sinistra, in
quegli anni, costituiva una grande attrattiva per tutti quei giovani che non si
riconoscevano nell’immobilismo democristiano e, ancor meno, fuori dall’arco
costituzionale (dove a vario titolo stazionavano i nostalgici del ventennio
fascista).
Molti giovani contestatori
però, poco a poco, delusi dalla sconfitta del sessantotto, si organizzarono in
gruppi extraparlamentari che ricorsero alla violenza come strumento di lotta,
affascinati dalle sirene del comunismo rivoluzionario e proletario.
Come abbiano operato questi
gruppi terroristici lo abbiamo visto tutti. Sono stati sconfitti dallo stato di
diritto ma anche dalla storia e dalla stessa classe operaia sulla quale essi
contavano per la vittoria finale del proletariato. Erano talmente impreparati e
disperati che non si accorsero neppure di essere stati fagocitati dai servizi
segreti americani. Ammazzando Moro, nel 1978, tolsero le castagne dal fuoco
agli emissari degli U.S.A. che operavano già in Italia per sbarrare la strada del
potere ai comunisti.
Né mancò la risposta
destrorsa alle sinistrorse Brigate Rosse e ai Nuclei Armati Proletari. A destra
si formarono infatti i NAR ( Nuclei Armati Rivoluzionari) e Ordine Nero.
Ci fu un momento in Italia,
in cui questi gruppi extraparlamentari si erano alleati contro i gruppi
politici parlamentari per travolgerli, con l’accordo che una volta sconfitti
quelli, ci sarebbe stata la resa dei conti tra di loro perché avesse dovuto
gestire il potere.
Messo a fuoco un simile
clima sociale, con attentati e bombe a ripetizione, la sensazione di impotenza
che indubbiamente aveva trasmesso il
fallimento degli ideali rivoluzionari ma pacifici del sessantotto, l’immobilismo
in cui si dibatteva il potere politico parlamentare, forse non sorprenderà poi
tanto il paziente lettore il fatto che io mi fossi ritrovato, confuso e
frastornato, ad assolvere anzitempo il mio servizio obbligatorio di leva, onde
avere poi la via sgombra per altre, allora impensate risoluzioni.
E scusandomi per la
lunga digressione vorrei così tornare a parlare proprio del servizio militare
che in quel pomeriggio avanzato del 15
luglio 1974 avevo appena iniziato.
5.
Continua…
La parte prima del libro, che va dal 1960 al 1973 si può acquistare in tutti gli store oppure direttamente al link dell'editore: https://www.youcanprint.it/biografia-e-autobiografia-generale/memorie-di-scuola-9788827845486.html
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