«Niente, niente!»
disse il commissario ancora ridendo. «Non
ti ho mai raccontato dei commenti che sento al bar dove faccio colazione al
mattino?»
«Sì! Ma sicuramente non con riferimento a
questo caso» disse l’avvocato, sempre in tono
semiserio.
«Niente di cui tu ti debba preoccupare,
cara Luisa, dico davvero!» la tranquillizzò il
commissario. «Piuttosto, sai per caso se quel testamento
è custodito in una cassaforte a muro, dietro un quadro della sacra famiglia,
nel salottino della casa della defunta signora Pirastu?»
«Diavolo d’uno sbirro! Come hai fatto a
indovinare?!» esclamò sorpresa l’avvocato, con un accento
di ammirazione nella voce!
«Be’, non ci voleva poi molto!»
si schermì l’avvocato, comunque lusingato dall’ammirazione della sua compagna
di viaggio.
«E sono anche certo che tu saprai indicarmi
quali altri parenti potrebbero essere interessati, quantomeno in linea teorica,
a questo testamento. O sbaglio?»
«No, non sbagli. La signora Emma era nubile
e senza figli. Lei aveva una sorella, più giovane, Anita, colpita da un tumore che l’ ha portata via anzitempo. Ha
lasciato due figli che vivono a Carbonia. Inoltre, aveva un fratello, Angelo
Pirastu, di cui Alessandro, il mio assistito è figlio unico. Anche se non ci
sono dei legittimari, senza il testamento, l’ingente patrimonio della defunta
andrebbe diviso tra il fratello Angelo e i due nipoti di Carbonia, che
subentrerebbero alla madre per rappresentazione. Invece, grazie al testamento
verrebbero esclusi, sia i due nipoti di Carbonia, sia il papà del mio
assistito, che però è semi paralitico, pur essendo più giovane della defunta
sorella.»
«Stai dicendo che gli unici sospettabili
sono in realtà i due nipoti di Carbonia?»
«Io non ho detto niente! Lo sbirro sei tu,
mica io!»
disse l’avvocato in maniera simpatica, ma mettendosi subito sulla difensiva.
«Beh, potrebbe trattarsi anche di un furto
finito male, nel senso che magari il ladro ha reagito d’impulso, dopo essere
stato scoperto.»
«Certamente. Ci ho pensato anche io, però
c’è una cosa che mi ha sorpreso. Come mai, mi sono chiesta, questo ipotetico
ladro ha sferrato ben tre colpi alla vittima? Perché accanirsi così tanto
brutalmente sulla vittima?» L’avvocato si fermò come
se volesse dare tempo all’uomo di rispondere, ma il commissario si limitò ad
annuire, chiedendole di continuare. «Oltre
l’efferatezza del gesto, per me sono le uniche due spiegazioni alle quali sono
pervenuta. Ma non saprei dire quale delle due sia la più probabile. Io so
soltanto che il mio assistito è super innocente! Di questo soltanto sono
sicura.»
Il commissario non rispose. Sapeva bene che se anche,
per ipotesi, un cliente confessasse la sua colpevolezza, all’avvocato è
proibito di rivelarlo, pena la radiazione dall’albo.
«Che tipi sono questi due nipoti di
Carbonia?» disse invece.
«Il mio assistito, mi ha detto che la
cugina Maria Grazia Picciau è una tranquillona. Ha vinto il suo bel concorso
pubblico e lavora come impiegata comunale in un paese distante una ventina
chilometri da Carbonia. Andrea Picciau, suo fratello, che è più grande del mio
assistito di parecchi anni, ha avuto invece un passato da tossicodipendente, ma
adesso si è rimesso in carreggiata. È ospite di una comunità di recupero dove
ha imparato a lavorare la terra e a guadagnarsi il pane con il sudore della
fronte. E non mi ha saputo dire se conoscano o meno l’esistenza del testamento.
Anche se la vittima non aveva mai fatto mistero di detestare intensamente le
abitudini insane del nipote Andrea. E comunque nel parentado era nota la
predilezione della signora Emma nei confronti di Alessandro, il mio assistito.»