III
Partii
dunque per Londra a luglio del 1977. In viaggio mi accompagnavo casualmente a una
mia ex compagna della ragioneria che mi
piaceva sin dai tempi della scuola, anche se non le avevo mai dichiarato i miei sentimenti, sempre
frenato dalla mia timidezza e da quelle paure che ho già cercato di illustrare
al paziente lettore. La ragazza era comunque fidanzata e presto l’avrebbe
raggiunta a Londra il suo ragazzo per
riportarsela a Cagliari e convolare insieme a giuste nozze.
Ad
essere sincero ero partito con l’idea di
trovarmi un lavoro per l’estate, di
farmi qualche soldo e poi di ritornarmene a casa e di concludere gli studi; in
fondo mi mancavano soltanto sei esami per finire.
Londra
mi piacque subito. Mi piacquero le grandi vie e i grandi parchi dell’West End e
mi piacquero i vicoli più intimi e contenuti di Soho; complessivamente sentii
che in quella città ci stavo bene; diciamo che il suo fascino misterioso, che
sembrava aleggiare, soprattutto la sera, sui caseggiati di pietra e in quegli edifici
che trasudavano storie, mi avvinse in una spirale di emozionanti sensazioni, come se avessi già vissuto, in un
remoto passato, tra quelle mura e in quei luoghi. Niente di definito o di
certo, sia chiaro, ma soltanto delle sensazioni; nulla di più.
La fortuna mi arrise subito nella ricerca del
lavoro. Vicino all’ostello che avevo prenotato da Cagliari, poco discosto dalla
importante stazione di King’s Cross, c’era un negozio di alimentari di cui era
proprietario un italiano, un giovane marchigiano di cui adesso non ricordo il
nome. Frequentavano il negozio diversi altri connazionali, tra i quali vi era
il braccio destro di un imprenditore emiliano o forse milanese, adesso non
saprei dire. Fu lo stesso titolare del negozio di alimentari, col quale mi ero
confidato, a chiedergli se per caso avesse qualche lavoro stagionale da
propormi, una sera che stazionavo lì, a chiacchierare, tra gli odori pregnanti e
familiari di prosciutti e formaggi italiani. Mi disse che il suo capo, tra le
altre cose, possedeva una fabbrica dove si imbustavano delle pizze da
supermercato e dove spesso cercavano del personale. Risposi che gli sarei stato
grado e che avrei accettato volentieri di lavorare in quella fabbrica di pizze.
Detto, fatto. Quello stesso fine
settimana mi comunicò che il lunedì successivo avrei dovuto presentarmi al titolare per iniziare il lavoro in
fabbrica. La scuola di Londra, per me, iniziò quel lunedì di luglio dell’anno
1977.
continua…
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