«Che tipi sono questi due nipoti di
Carbonia?» disse invece.
«Il mio assistito, mi ha detto che la
cugina Maria Grazia Picciau è una tranquillona. Ha vinto il suo bel concorso
pubblico e lavora come impiegata comunale in un paese distante una ventina
chilometri da Carbonia. Andrea Picciau, suo fratello, che è più grande del mio
assistito di parecchi anni, ha avuto invece un passato da tossicodipendente, ma
adesso si è rimesso in carreggiata. È ospite di una comunità di recupero dove
ha imparato a lavorare la terra e a guadagnarsi il pane con il sudore della
fronte. E non mi ha saputo dire se conoscano o meno l’esistenza del testamento.
Anche se la vittima non aveva mai fatto mistero di detestare intensamente le
abitudini insane del nipote Andrea. E comunque nel parentado era nota la
predilezione della signora Emma nei confronti di Alessandro, il mio assistito.»
«Chissà dove teneva la chiave di quella cassaforte,
la povera signora Pirastu…» disse il commissario,
quasi tra sé e sé.
«Il mio assistito mi ha detto che la teneva
nel primo cassetto del comò, in camera da letto, tra la biancheria intima.»
«È uno dei primi posti dove ho cercato, ma non sono
riuscito a trovarla, né lì né altrove. Ma mi sa tanto che la settimana prossima
ci torno e cerco meglio» disse ancora il
commissario sempre con quel tono distante, come se parlasse per conto suo.
«Se vuoi ci torniamo insieme. E l’apriamo
con la chiave di Alessandro. Dammi soltanto il tempo di chiedergli di portamela
in studio al più presto possibile.»
«Davvero ne ha una copia il tuo assistito?
Caspita, questa sì che è una buona notizia! Mi evita un sacco di rogne di
autorizzazioni per chiamare un fabbro e per fare scardinare la cassaforte!»
«Il mio assistito godeva della massima
fiducia da parte della zia, al punto che la donna ultimamente aveva provveduto
a fargli una delega sul conto corrente bancario dove le accreditavano la
pensione e, spesso, lo incaricava di fare dei prelievi, per suo conto,
direttamente in banca oppure con la carta del bancomat.»
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