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Alle nove e mezza in
punto il fuoristrada del commissario De Candia si fermò in via Torbeno,
all’altezza corrispondente al numero civico che figurava nel bigliettino che la
sua amica gli aveva dato il giorno prima. L’avvocato Levi comparve subito
davanti all’ingresso. Indossava dei pantaloni neri e un comodo giubbotto in
pelle ben sagomato, chiuso in alto da un foulard dai colori vivaci. Ai piedi
calzava scarpe con il tacco basso. Una capiente borsa e un capello a larghe
falde completavano il suo abbigliamento. Santiago la vide più che mai
affascinante, ma si limitò a un saluto affettuoso e compassato.
Quando furono sulla
strada statale 131, la storica arteria che ancora collega Cagliari e Sassari,
denominata Carlo Felice, in onore del monarca sabaudo che per primo volle
collegare le due principali città del suo regno, Luisa Levi, dopo i convenevoli
di rito, chiese come fosse andato il sopralluogo del giorno prima in via
Giudicessa Adelasia.
Il commissario Santiago
ci aveva pensato prima di addormentarsi e ne approfittò per esprimere a voce
alta alcuni dei dubbi che gli erano sorti. Di solito non parlava mai con
nessuno, al di fuori della Questura, delle indagini che erano in corso. Al
riguardo la sua riservatezza era pressoché totale. Ma con l’avvocato era
diverso. In qualche modo le ricordava sua moglie. Aveva imparato a fidarsi di
lei e in nessun modo sentiva di venir meno al suo dovere di mantenere il dovuto
riserbo professionale. Anzi, il suo istinto di sbirro lo induceva a ritenere
che un confronto con quella donna potesse essere utile allo sviluppo delle sue
indagini.
«Mi chiedevo da dove possa essere entrato l’assassino» disse affrontando uno dei dilemmi che lo avevano tenuto occupato la sera precedente, prima di addormentarsi. «A parte la possibilità che sia stata la vittima ad aprirgli la porta per ingenuità o per conoscenza del suo assassino, non so proprio che dire. Ispezionando la casa ho pensato che una via di accesso clandestino possa essere stato dalla mansarda. Infatti, lì ci sono due lucernari, con apertura a ribalta. Entrambi li ho trovati aperti. Ma mentre uno era fissato con l’apertura per la ventilazione, che consiste nell’appoggio del telaio a una levetta a scomparsa, estraibile ad angolo retto per il fissaggio, l’altra era semplicemente appoggiata al telaio, come se qualcuno l’avesse aperta per entrare, o magari anche per uscire, e non l’avesse risistemata. E questo secondo lucernario, per combinazione, è proprio quello che consente l’immissione nei tetti circostanti, mentre l’altro guarda nel vuoto, esattamente dalla parte opposta!
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