Nella parte conclusiva
del viaggio, proprio mentre il loro fuoristrada, lasciandosi Guspini alle
spalle, cominciava a inerpicarsi sulla larga salita che conduce al vecchio
borgo minerario, l’avvocato Luisa Levi inoltre apprese come dalla coppia fosse nato il papà del
commissario, Salvatore De Candia. Il quale, dopo aver prestato il servizio
militare, innamoratosi di una diciassettenne di nome Regina Serru, figlia di un
guardiano minerario, già comandante della compagnia barraccellare guspinese,
fosse passato nei ranghi della polizia di stato, trasmettendogli, congiuntamente
al nonno materno, quella passione per l’ordine e la
disciplina che Santiago aveva saputo rielaborare in quella sua maniera
fantasiosa e originale che lo caratterizzava.
Luisa aveva ascoltato la storia del commissario, come da piccola aveva imparato
ad ascoltare le favole che il papà le raccontava prima di addormentarsi.
Erano da poco passate le
undici quando il commissario parcheggiò la sua auto di fronte a un edificio che
un tempo aveva ospitato il centro vitale dell’antico borgo minerario, con
l’Ufficio Postale, la Caserma dei Carabinieri, lo Spaccio Aziendale e, poco più
avanti anche il cinematografo. E dove adesso resisteva ancora un bar, in cui
poterono rinfrescarsi prima di iniziare la passeggiata a piedi che Luisa
accettò di fare con entusiasmo.
Il commissario le fece da
Cicerone, anche se in realtà a guidarlo non erano tanto le sue conoscenze
dirette di quei luoghi, ma più che altro i racconti che i suoi genitori, e sua madre in particolare, gli avevano fatto in gioventù. Prendendola
per mano affettuosamente il commissario la guidò nei diversi siti, ormai
ammantati di un’aura monumentale. La sede della direzione, con gli uffici a
piano terra, gli alloggi del direttore al primo e quelli dei dipendenti, tra
cui suo nonno paterno, al secondo piano. L’ospedale con la chiesetta dedicata a
Santa Barbara, protettrice dei minatori. La laveria, le officine per la
manutenzione degli impianti, la vecchia linea ferroviaria, a scartamento
ridotto, che trasportava piombo e zinco a San Gavino. E infine Telle, il villaggio
dov’era nata sua madre, ormai quasi
inghiottito dalla vegetazione, che si stava riprendendo lentamente tutti gli
spazi che gli uomini le avevano sottratto nei decenni precedenti.
«Sei stanca?» le chiese a un certo punto il commissario, timoroso di averla fatta camminare a lungo e
per troppo tempo.
«No, per niente! Sei riuscito a farmi
dimenticare, per una buona parte della mattinata i miei problemi quotidiani!»
rispose con trasporto l’avvocato Levi.
«Meno male!»
commentò il commissario sentendosi risollevato da quella risposta entusiasta e
spontanea.«Adesso ti porto in un bel ristorante a
recuperare un po’ di energie, perché poi, se non hai niente in contrario, intendo arrivare sino a Buggerru!»
«Bene! Quest’arietta di montagna mi ha
fatto venire un po’ di appetito!»
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