L’assassino era stato
colto in flagranza di reato con il coltello ancora in mano, grondante del
sangue della zia, che giaceva esanime ai suoi piedi in cucina. I Carabinieri
della Polizia Giudiziaria, coordinati dal procuratore capo Bartolomeo Gessa,
intervenuti prontamente sul posto dietro segnalazione di una dirimpettaia,
allarmata dalle urla disumane della povera vittima, avevano
risolto a tempo di record il caso, assicurando l’assassino alla giustizia, commentava la capo redattrice
della cronaca nera, Maria Carla Coseno.
Il commissario si sentì
prudere il naso. Aveva sempre sentito dire che il prurito al naso poteva
significare due cose alternativamente, soldi in arrivo oppure colpi. Ma il suo
era un naso da sbirro e spesso gli prudeva quando leggeva qualcosa che non
quadrasse. Oppure quando stava per imbattersi in qualcosa di importante e di
risolutivo. Gli succedeva talmente spesso che ormai non ci faceva quasi più
caso. In quell’occasione poteva perfino trattarsi di un po’ di zucchero a velo,
finito dal croissant sul suo naso. Ci strofinò sopra un tovagliolo, mentre si
detergeva le labbra da eventuali segni della colazione e si alzò in piedi.
Mentre pagava alla cassa
colse distintamente alcuni commenti dei clienti di Tonio.
«Ma
cosa aspettano a reintrodurre la pena di morte?»
Ancora senza vedere in
viso chi parlasse, udì i commenti che seguirono.
«Magari!
Invece lo dovremo mantenere per chissà quanti anni in carcere, servito e
riverito!»
«Non ti preoccupare! Con un bravo avvocato,
nel giro di cinque, massimo sette anni, sarà già fuori pronto ad ammazzare
qualcun altro!» disse una terza voce.
«Non esageriamo! L’hanno
preso con il coltello in mano! Non so se realizzi?»
replicò la prima voce.
«È come se l’avessero preso con la Colt
fumante!»
esclamò la seconda voce.
«Sapete cosa vi dico? Un
bravo avvocato sarebbe perfino capace di farlo assolvere!»
disse la terza voce che non sembrava volere retrocedere. Anzi, intendeva
spingersi ancora più avanti nella sua tesi.
«Boom! Mo’
gli danno pure una medaglia a ‘st’assassino con il coltello in mano!»
esplose una quarta voce che forse apparteneva a un romano, o a un forestiero.
Grato che nessuno gli
avesse chiesto un parere, il commissario, dopo aver pagato, uscì e si accese
una sigaretta.
Non c’era niente di più
stressante che un processo sommario, fatto fuori dalle aule di un tribunale,
pensò il commissario avviandosi verso la sede della Questura. Come certi
programmi televisivi che andavano di moda, infarciti di sedicenti esperti e
improvvisati criminologi, dove si ricostruivano i processi più eclatanti e
recenti che, a prescindere dalla loro evidente e oggettiva complessità, non
sembravano trattenere il pubblico da giudizi tanto sommari e superficiali,
quanto azzardati e fuori luogo.
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