domenica 11 novembre 2018

Memorie di scuola-Parte prima


Memorie di scuola
Ricordi di uno scolaro senza tempo dalle elementari alla cattedra, passando per le scuole medie, l’università e per le  molte altre scuole della vita
di ignazio salvatore basile 
4.
Anno  scolastico 1963-64
In quell’anno scolastico 1963-1964, insieme al fiocco azzurro della classe quarta, noi della classe di ferro 1954, inaugurammo anche l’edificio delle nuove scuole elementari di via Vitale Matta.
La nostra nuova maestra si chiamava signora Soro (il nome di Battesimo non lo ricordo). Era una bella signora, non più giovanissima ma molto tenera e materna.
I ricordi di quell’anno scolastico sono legati soprattutto a due episodi.
Mi era stata regalata una confezione di  colori: 24 matite nuove di zecca, dal bianco al nero, passando per il quattro tonalità di verde e di azzurro, oltre, naturalmente, al rosso, all’arancio, al giallo e così via enumerando.
Li avevo messi sul banco con orgoglio.
C’era in classe, tra i tanti, un certo Carmelo, anche se tutti lo chiamavano “Cramelleddu”. Era un ragazzo, oggi lo intuisco, che di colori nuovi fiammanti come quelli, nella sua vita scolastica, forse  non ne aveva mai visti; o magari sì; non saprei. Quel che so per certo che a un certo momento, dopo essermi distratto a far non so che, mi accorgo che Cramelleddu si è impossessato di una manciata dei miei colori e, sbeffeggiandomi sardonico, si diletta a tentare di colorare un suo foglio bianco, spuntandomeli alla grande, uno per uno.
Scoppiai in lacrime, lamentandomi per il torto subìto. La maestra intervenne prontamente, facendo un sermoncino al mio compagno sul rispetto delle cose altrui e sulla necessità di chiedere il permesso al proprietario prima di utilizzarle.
Ho spesso ripensato a quell’episodio. Oggi mi vergogno di essere stato così egoista. Avrei dovuto gioire per il fatto che un mio compagno, sprovvisto del necessario, potesse divertirsi utilizzando i miei colori.
Caro, vecchio Cramelleddu, se per qualche miracolo della tecnologia informatica tu ti trovassi a leggere questo mio scritto, sappi che io, se potessi tornare indietro, ti regalerei la metà dei miei colori; naturalmente a condizione che tu poi me li prestassi, al bisogno, e che non sghignazzassi con quel simpatico sorriso da canaglia che, a turno, avevamo stampato in viso in quei lontani giorni, prima che il boom economico ci facesse dimenticare il valore di una camera d’aria usata, di una tavola di legno, di cuscinetti dismessi e perfino di un cerchione da bicicletta  da spingere a rotta di collo con un corto bastone in mano.


continua...

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