lunedì 18 aprile 2022

Un'indagine al di là di ogni evidente apparenza-53

 

«Ti ricordi anni fa quegli episodi di avvelenamento dell’acqua minerale nei supermarket?»

«Sì, vai avanti!» la incoraggiò il commissario.

«Mi pare di ricordare che fra le sostanze utilizzate per avvelenare le bottiglie d’acqua minerale ci fosse proprio il fluoracetato di sodio… ti ricordi che il cadavere della signora Emma è stato trovato in cucina?»

«Sì, certo. Ci siamo chiesti a lungo perché l’assassino fosse stato sorpreso in cucina e, soprattutto cosa ci facesse in quell’ambiente! Di solito i ladri non rovistano in cucina…»

«Mi son ricordato che Alessandro, il mio assistito, mi ha raccontato che lui riforniva la zia dei generi alimentari e, a titolo di esempio, mi elencava pasta, riso, pomodori pelati, acqua minerale…E se il nostro uomo fosse andato in cucina per avvelenare una delle bottiglie di acqua minerale della zia?»

«Ma certo! Dev’essere così!» esclamò con ammirazione il commissario. «Lui dopo essere entrato dal lucernaio della mansarda è andato in cucina e forse contava, dopo aver avvelenato l’acqua, di trovare il testamento e distruggerlo…»

«Forse non sapeva che il testamento fosse custodito nella cassaforte…»

«O magari sperava di trovare la chiave insieme alle altre appese nell’ingresso…»

«Magari…!» convenne l’avvocato pensierosa «Del resto, come diceva il mio vecchio maestro, l’avvocato Serra-Laconi, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…e a ben guardare, c’è sempre un errore o un punto debole, in ogni disegno criminoso…»

«Quella donna era un pozzo di scienza giuridica!» pensò ancora con ammirazione il commissario.

«E sai cosa mi viene in mente adesso?!» aggiunse di seguito Luisa.

Il commissario la guardò, aggiungendo la sorpresa a quella sua ammirazione di prima.

«Che il nostro Andrea Picciau, se le cose sono andate davvero così, dovrà rispondere di omicidio volontario e non più di omicidio preterintenzionale o di quella figura tipica dell’omicidio d’impeto, assimilato a quello preterintenzionale!»

«Non vorrei essere nei suoi panni. Anche se è un assassino, in fondo, mi fa pena. Tutti i criminali, anche quelli che lo fanno per professione, mi fanno pena. Ma questi tossicodipendenti, mi fanno pena più degli altri.»

Luisa sembrò rabbuiarsi in viso. Gli rivolse uno sguardo indefinibile; aveva gli occhi lucidi; il commissario pensò che fosse turbata per le sue parole.

«Spero di non aver detto qualcosa di sbagliato…» mormorò in tono mesto.

«No, no! Anzi, le parole che hai detto sui tossicodipendenti sono bellissime e ti fanno onore…»

L’avvocato si interruppe di colpo, come se i suoi pensieri le impedissero di continuare. Dopo una lunga pausa gli chiese di colpo:

«Ti ho mai detto che avevo un fratello tossicodipendente?»

«Veramente non sapevo neppure che avessi un fratello…» riuscì a dire il commissario stupefatto.

«Non ne parlo mai con nessuno…è come una ferita aperta…eravamo gemelli…bizigoti ma comunque gemelli …e molto attaccati, come tutti i gemelli. Se l’è portato via l’HIV, poco più che ventenne, nei primi  anni novanta…perché Santiago, dimmi perché un giovane deve autodistruggersi con la droga?»

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