Capitolo Decimo
L’ispettore Zuddas era ormai di casa al commissariato
di Carbonia. Aveva ritrovato un suo vecchio collega di corso, anche lui
ispettore in attesa della promozione a
vicecommissario e da lui aveva attinto preziose informazioni utili alla sua
indagine sul delitto di via Giudicessa Adelasia.
Dal suo collega aveva saputo che Andrea Picciau era
una specie di dandy, un po’ donnaiolo e un po’ eccessivo nei suoi vizi, che amava
il bel vivere. Finché erano rimasti in vita i genitori, era riuscito a fare la
bella vita, senza lavorare mai troppo seriamente. Poi era caduto nel vortice
della droga, roba pesante, prima cocaina e poi eroina, non la solita fumatina o
il semplice spinello. Per mantenersi nel consumo di quel vizio costoso, era
finito nel giro dello spaccio, il traffico di alto livello, quello che muove i
chili dalla Thailandia, per intenderci. Ma per la sua abilità, o per fortuna, o
magari perché era riuscito a far ricadere le colpe sugli altri, se l’era cavata
alla grande; anziché finire in carcere, era stato inserito in una comunità di
recupero, poco fuori Carbonia e lì, seguito dappresso dai servizi sociali e,
più discretamente da loro, sembrava essersi rassegnato a una vita più normale,
fatta di sangue, sudore e lacrime.
La Comunità di recupero si chiamava ‘Sa Genti Arrubia’
e l’avrebbe trovata lungo la statale per San Giovanni Suergiu, seguendo le
opportune indicazioni. La sorella di Andrea, Maria Grazia, lavorava al comune
di Villamassargia ma rientrava regolarmente a casa sua, in via Palmiro
Togliatti, ogni pomeriggio, talvolta
alle 15,00, talaltra più tardi. L’indirizzo e il telefono erano segnati sul
foglietto.
Dopo un caffè di ringraziamento e un excursus necessariamente
sommario dei trascorsi goliardici del corso, frequentato insieme, alla scuola
di formazione per ispettori di Nettuno,
l’ispettore Zuddas, tutto soddisfatto di come avessero preso una piega
fortunata le sue indagini in trasferta, si avviò verso la comunità di recupero
che gli avevano indicato i suoi colleghi. Nel tragitto si ritrovò a pensare
alle serate spensierate che aveva trascorso a Nettuno durante la libera uscita
dalla caserma e le domeniche in discoteca, alla conquista delle bellezze femminili
cittadine. Un uomo dovrebbe restare sempre scapolo, pensò con un sorriso nostalgico. Di sicuro
lui non si sarebbe mai sposato se non si fosse ritrovato con la ragazza incinta
e un suocero che aveva fama di vendicare tutte le offese all’onore con una
bella fucilata. Proprio con quel fucile che usava con perizia nella caccia ai cinghiali e ai cervi. Per fortuna adesso era di nuovo libero! Il
padre di sua moglie era morto e lui si era separato! Anche se quella
separazione gli costava ogni mese, una
buona fetta dello stipendio, che finiva
in assegno di mantenimento. Manco
fosse un pizzo da pagare per quei pochi momenti di felicità trascorsi insieme!
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