domenica 19 marzo 2023

Circo in Avventura

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1 CAPITOLO

«Tina, io dico che Moses sarebbe un ottimo domatore di animali con un futuro certo e il pane assicurato!»

«E io ti dico che il ragazzo ha dei talenti che vanno valorizzati proseguendo con lo studio! E poi, non hai mai sentito dire, che non si vive di solo pane?»

Atticus Maimone cambiò tattica, pur di averla vinta.

«D’accordo. Ma ti sei fatta bene i conti? Sai quanto costerà mantenerlo a scuola fuori di qui?»

«Non ti preoccupare. Ho dei risparmi da parte destinati a quello scopo. Inoltre potrei anche incrementare l’attività della mia sartoria, se fosse necessario.»

Questi sono alcuni dei pochi ricordi che mi porto appresso del mio passato. Non saprei neppure dire dove e quando siano accaduti questi eventi; io li ricordo e basta; ma come se si trattasse di un sogno lontano.


Io mi sentivo sballottato come una palla da gioco, tra Atticus che diceva una cosa, e Costantina che sosteneva l’esatto contrario.

Se mi avessero chiesto che cosa avessi voluto io, non avrei saputo cosa rispondere, ma nessuno me lo chiese. Così mi rimisi alla sorte e avrei seguito la strada di quello dei due contendenti che avesse prevalso sull’altro.

Alla fine prevalse la tesi di Tina e fui mandato a frequentare la scuola fuori dal circo.

All’inizio fu dura. La vita era assai diversa in quella scuola. La libertà che avevo goduto al circo divenne presto un nostalgico ricordo. Tutto ruotava intorno allo studio.

Per fortuna studiare mi piaceva e piano, piano, riuscii a vincere la lontananza buttandomi a capofitto sui libri. 

Studiare all’esterno aprì la mia mente e potei posare il mio sguardo sul mondo. Come ci ripetevano spesso i nostri professori, studiare è come salire su per una grande scala. Quanto più si studia, tanto più in alto si sale.

E dall’alto è più facile osservare e analizzare il mondo.

Stando fuori dal Circo, nel quale avevo trascorso tutto il mio tempo precedente al trasferimento nella scuola, potei osservare quella realtà del mio passato dall’esterno, applicando gli stessi criteri e lo stesso modo di ragionare che andavo sviluppando sotto la guida dei miei sapienti e anziani precettori.

Visto dall’alto della mia nuova posizione, il nostro circo, mi appariva ora come un nobile decaduto. Pensavo sempre che esso fosse ancora il circo più importante del mondo, ma ero indotto a pensarlo da ragioni affettive, da motivazioni di carattere campanilistico.

Il nostro circo era sì avvolto in quella sua aura di nobiltà insigne e invincibile, ma ragionando con la realtà di fatti, non potevo non rendermi conto che altri circhi, di altre città, lo avevano sostituito nella primazia.

In estate e per le feste comandate la scuola ci permetteva di ricongiungerci alla nostra famiglia. Per me era sempre una grande festa ritornare al circo, anche se mi accorgevo di essere diventato sempre più chiuso in me stesso.

Trascorrevo quasi tutto il tempo delle vacanze chiuso in casa. Mentre Tina lavorava ai suoi costumi, io leggevo e svolgevo i doveri scolastici che ci erano stati assegnati; oppure parlavamo, anche se nessuno di noi era un gran chiacchierone.

Alla fine mi accorsi che quasi non vedevo l’ora di tornare al collegio.

Col tempo, quasi senza accorgermene divenni sempre più introverso e solitario. Non so se sia  stata la mia timidezza a spingermi verso quella svolta involutiva, oppure il mio senso del dovere e la voglia di gratificare proprio Tina e i sacrifici che lei faceva per avviarmi agli studi.

Eppure, a un certo punto, qualcosa che anche a distanza di tanto tempo non riesco a focalizzare con chiarezza, mi spinse a chiedere di lasciare il Collegio.

Fu una forza tanto irresistibile, quanto inspiegabile; con la ragione riflettevo che non fosse giusto lasciare gli studi e ripagare con quella cattiva moneta i sacrifici di Tina, che aveva sempre creduto in me; ma con il cuore, con i sentimenti, sentivo di dover rientrare nel mondo del Circo.

Era lì la mia vita, era lì che volevo stare, per sempre.

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