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Capitolo
Secondo
Dario aveva ripensato
spesso a quell’incontro con il suo amico Fabrizio. Il successo non sembrava
averlo cambiato tanto. Gli era sembrato naturale, spontaneo, come quando erano ragazzi
e giocavano per strada, facendo perfino a botte se capitava, sempre alla
ricerca di nuove emozioni, anche nei caruggi popolati di persone strane e
originali. Per lui magari erano pane quotidiano, ma Fabrizio ne sembrava affascinato.
Si chiedeva che cosa avesse voluto dire con la sua voglia di liberarsi di Dio.
Al porto, dove aveva
iniziato a lavorare, dando una mano a scaricare le navi mercantili, aveva
sentito parlare di don Andrea Gallo, un prete diverso, vero, con le mani
sporche e la puzza di sigaro. Uno che frequentava le prostitute, i trans, i
barboni, gli ubriaconi, i carcerati, senza giudicare nessuno. Organizzava dei
corsi di meditazione trascendentale e decise di andare a trovarlo, nella sua
chiesa di san Benedetto. La meditazione lo incuriosiva anche se gli seccava
entrare in chiesa. Lui non era cresciuto nella bambagia come Fabrizio. Dov’era
nato lui, i preti erano tutti dei bolicci, e Dio lo si nominava soltanto
per bestemmiare. Altro che Buona Novella.
«Sono aperti a tutti i
corsi di Meditazione trascendentale?»
Don Andrea Gallo sollevò
lo sguardo dalle sue carte per guardare in faccia il suo interlocutore. Non lo
aveva sentito arrivare. La sua voce gli era sembrata conosciuta ma la faccia
gli era invece del tutto nuova.
«Scusi, ma ho trovato
aperto e sono entrato senza chiedere permesso. Mi chiamo Dario» gli disse il
giovane con addosso quello sguardo intenso e indagatore del prete.
«Non ti preoccupare,
Dario, qui nessuno è abituato a chiedere permesso. Siediti.» Il prete adesso aveva
sorriso, mostrando dei denti ingialliti dal fumo.
«Sono venuto a chiedere
per quei corsi di Meditazione.»
«Li teniamo qui in
chiesa, il mercoledì, alle venti»
«Quanto costa
l’iscrizione?»
«Non si paga niente»
«Ah, ma io volevo dirle
che non frequento la chiesa. Insomma, non sono un praticante.»
«I corsi sono per tutti e
non c’è nessun obbligo. Per adesso li teniamo in chiesa ma appena troviamo un
locale adatto ci trasferiamo.»
«C’è dell’altro?»
aggiunse dopo una breve pausa di silenzio, visto che il giovane non si era
mosso dalla sedia.
«Vorrei porle una
domanda, ma non so se posso…»
«Certo che puoi. Sputa il
rospo» disse il prete in tono ruvido.
«Mi chiedo se sia
possibile per un uomo liberarsi di Dio.»
Don Andrea risollevò lo sguardo, chiudendo le carte che
aveva davanti.
«In che senso?» chiese
puntando i suoi occhi indagatori sul ragazzo.
«No, scusi, non è una
frase mia in realtà. È una cosa che ho sentito da un mio amico e mi è rimasta a ronzare in testa, senza poterla
capire…»
«Beh, ognuno fa quello
che vuole con Dio. Se il tuo amico se ne vuole liberare, magari avrà i suoi
buoni motivi.»
«Lui è una persona
speciale, in effetti; da quel poco che ho capito cerca di liberarsi di Dio
rielaborando il concetto, attraverso la sua arte.»
«Io invece proprio
nell’arte scorgo e ritrovo Dio, è una questione di punti di vista, suppongo»
disse il prete accendendosi un mezzo sigaro.
«Suppongo di sì» convenne
il giovane.
«Vieni, andiamo fuori»
disse il prete alzandosi.
Lo seguì. Notò il suo
inchino prima di uscire ma non pensò di imitarlo, forse per paura di sembrare
goffo; o forse provava una ripulsa naturale per ogni forma di piaggeria.
«Vedi Dario, molti di
quelli che si autodefiniscono atei, in realtà non sono dei senza dio.
Semplicemente vedono Dio in un modo diverso dal mio, ma è sempre una forma di
spiritualità anche la loro.»
«Io sono ateo e comunista.»
«Certamente. Hai le tue
idee. La verità è che tutti cerchiamo di riempire, a modo nostro, il vuoto che
sentiamo dentro» disse il prete sbuffando il fumo del suo sigaro. Ogni tanto
qualche passante lo salutava e lui rispondeva con un cenno.
«Io soffro perché nel
mondo ci sono tante ingiustizie.»
«Hai ragione. È evidente
che sei una persona sensibile. C’è un sacco di gente a questo mondo, che queste
ingiustizie non le vede nemmeno.»
«Magari non le vuol
vedere perché così gli fa comodo.»
«Magari è così.»
«Bene. Grazie della
chiacchierata, don Andrea» disse tendendo la mano.
«Grazie a te, Dario. Ti
aspetto mercoledì, alle venti» gli rispose ricambiando il suo saluto e
avviandosi verso l’ingresso della piccola chiesa.
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