La
paga era di 40 sterline la settimana e non era davvero male per otto ore di
lavoro, da lunedì a venerdì. Per far quadrare meglio i conti, il mio amico e benefattore marchigiano, mi suggerì e mi trovò egli stesso una camera
ammobiliata, proprio dietro l’angolo del suo negozio, al n. 18 di Keystone
Crescent, dove pagavo 5 sterline la
settimana a una vecchia vedova italiana
che viveva con un figlio tassista che
non ricordo di avere mai visto (vedevo però, a volte, la sua Austin nera,
inconfondibile e autorevole, parcheggiata in uno sorta di parcheggio scoperto,
interno al giardino della casa).
«Aiuterai
il vecchio Jim, downstairs» mi disse il boss, a metà tra l’inglese e
l’italiano.
Nel
seminterrato della fabbrica delle pizze c’era la cella frigorifero, con il
formaggio “cheddar” che andava sulle pizze (al posto della nostra mozzarella).
Il
gustoso formaggio inglese era contenuto in forme da cinquanta libbre (circa 25
chili). Noi dovevamo tagliare le forme
con un filo d’acciaio, per poi
infilarne i listelli ottenuti nell’enorme grattugia elettrica. Il formaggio
grattugiato veniva raccolto in grosse ceste di plastica e spedito di
sopra, alla catena di montaggio,
attraverso lo stesso montacarichi che io usavo per scendere al lavoro, il
mattino.
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