martedì 10 gennaio 2023

la Terza via - 5

 

https://www.edizioniefesto.it/collane/origo-gentis/437-la-terza-via-un-uomo-un-viaggio-tre-strade.

E infine, in aggiunta ai  grandi temi generazionali, con cui ogni uomo deve fare i propri conti; al di là dei grandi movimenti cosmici,  che in qualche modo  influenzano la storia dei popoli, ogni singolo uomo fronteggia e si confronta con se stesso, con la sua storia personale, con il suo carattere.

Io ero un carattere introverso e la mia era una storia di solitudine. E poco importano qui i motivi di questa solitudine. E forse ha ragione chi sostiene che ognuno ha  il suo destino, già  tracciato,  da qualche parte.

Per tanto tempo ho pensato e ragionato in termini fatalistici: se deve accadere, accadrà; lasciamo che il tempo faccia il suo corso; così vuole il destino e così via.

Oggi non so davvero se continuare a crederci. Forse è più giusto dire che il destino ce lo facciamo da noi.

 Io ero incapace di allacciare relazioni sentimentali di carattere superficiale e avevo paura di arrecare ingiuste sofferenze,  instaurando rapporti di cui non ero convinto e sicuro; o magari ero io, inconsciamente,  ad aver paura di soffrire. Il mio carattere introverso mi impediva di aprirmi agli altri e probabilmente anche qui c’era una paura interiore a rivelare i miei più intimi sentimenti. Il mio fatalismo faceva il resto. E così lasciavo trascorrere il tempo sotto i ponti della mia vita.

Rimuginavo inoltre sui più profondi e reconditi significati della nostra esistenza sulla terra e anche su quel terreno,  non trovavo con chi confrontarmi e mi sentivo emarginato. Non riuscivo proprio a vedere il lato ludico e gioioso della vita e quando entravo in contatto con quel mondo,  mi sentivo un perfetto estraneo.

Un episodio, a tal proposito mi torna alla mente, a distanza di oltre quarant’anni: un mio amico, uno di quei dritti, mezzo dongiovanni e mezzo bulli,  che andavano forte in quegli anni settanta, dotati di quel carisma, con accessori di faccia tosta e auto sportiva di grido,  che sa conquistare uomini e, soprattutto, donne, insistette per presentarmi alcune sue amichette, molto disponibili (a suo dire) a facili avventure e a simpatie fiammeggianti. Me le fece conoscere. Ne uscì fuori una serata simpatica, un primo, incoraggiante approccio, lo giudicai allora. Dopo poco tempo il mio amico Beppe mi riferì che ero piaciuto alle  ragazze. Una di loro in particolare aveva osservato che avevo un bel viso da bravo ragazzo. Invece di sentirmi orgoglioso di una simile considerazione, la interpretai in maniera conforme allo stato d’animo che albergava nel mio animo in quegli anni difficili e lontani. E mi convinsi ancora di più, memore di quello che era toccato al mio compianto  fratello maggiore,  e delle lezioni che lui mi aveva impartito   durante  le ore trascorse nella sua bottega di orologiaio e nel suo negozio di gioielleria, che le donne preferivano i cattivi ragazzi ai bravi ragazzi di buona famiglia.

 

Che stupido tempo è la nostra gioventù! Invece di gioire di quel gran complimento, me ne feci un cruccio! Se per avere delle donne con facilità, occorreva essere brutti e cattivi, ebbene, ero pronto a trasformarmi! Avrei dismesso la mia aria da bravo ragazzo e sarei diventato un duro! O qualcosa del genere.

 

 

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