domenica 28 aprile 2024

Delitto al Quadrivio - 1

 

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Delitto al Quadrivio

Capitolo Primo

L’Avvocato Luisa Levi venne svegliata dallo squillo del suo cellulare proprio mentre sognava suo padre, morto dodici anni prima. Le sembrò d’essersi addormentata da molto, ma in realtà la sua  sveglia, una volta accesa l’abat-jour del suo comodino, segnava appena l’una  e mezza circa.

Si ricordò in un lampo che era il suo turno di reperibilità come difensore e rispose al cellulare.

-        «Carabinieri Radio Mobile»- disse una voce maschile dall’indefinito accento centromeridionale.

-        «Qui è l’avvocato  Luisa Levi.»-

-        «Buongiorno avvocato. Sono l’appuntato  Frongia. Al Palazzo mi hanno dato il suo nome per il turno d’ufficio…»

Il cognome denotava una chiara origine sarda, nonostante l’accento, che oscillava tra Roma e Napoli.

    -«Sì, certo. Cos’è successo?»

    -«C’è stato un omicidio, qui al Quadrivio…»

    - «Com’è successo’?»

    - «Non saprei esattamente…però abbiamo preso l’assassino!»

    - «Ah! Quindi in  flagranza di reato?»

    - «Ehm…quasi in flagranza…»

All’avvocato Luisa  Levi tornarono in mente le parole del suo maestro, l’avvocato  Serra Laconi “Il nemico numero uno del penalista è l’approssimazione!”

-        «Chi avete fermato?”

-        «Un certo Gino Garau, un pregiudicato già noto alle forze dell’ordine!»

-        «Il Pubblico Ministero è già lì?»

-        «Non ancora, avvoca’! Ma la Procura è stata già avvisata…»

-        «Qual è il luogo esatto?»

-        «Siamo nella spiaggia del Quadrivio, lato Cagliari…»

Il Quadrivio, sin dagli albori del boom economico,  era stato un rinomato ritrovo sul litorale del Poetto, lungo la spiaggia che collega Cagliari a Quartu S.Elena, senza soluzione di continuità. Alla fine degli anni novanta, morto il fondatore, gli eredi si erano messi a litigare; i veti incrociati tra gli eredi testamentari e quelli legittimi avevano finito coll’impedire all’attività di funzionare; e l’esercizio era rimasto chiuso,  mentre l’enorme fabbricato  che aveva ospitato bar, ristorante e sala biliardo mostrava segni evidenti di abbandono.

L’avvocato Levi si vestì in fretta ma senza trascurare alcuni dettagli. Le notti di maestrale a Cagliari, anche  a settembre, richiedevano necessari accorgimenti: una crema protettiva per il viso; un foulard per proteggere la gola; un giaccone con cappuccio; le calze di nylon e una scarpa a tacco basso avrebbero ovviato alle esigenze di termo protezione, di comodità e di eleganza.

Da casa sua, a quell’ora, lasciando Monte Urpinu per la litoranea,  le bastarono quindici minuti per raggiungere il luogo indicato.

Parcheggiò la sua auto davanti all’edifico e seguì il segnale  lampeggiante delle auto dei Carabinieri.

Alla luce di un potente faro montato su un fuoristrada vide  il medico legale che si accingeva all’esame sommario di un corpo che giaceva sulla sabbia umida. Un cono di luce proveniente dall’illuminazione della via adiacente rendeva il compito del funzionario medico più agevole.

L’avvocato  Levi si presentò all’appuntato, dopo averlo  identificato dai baffi rossi sulle spalline del giaccone, che anche lui , evidentemente, aveva sentito l’esigenza di indossare.

L’appuntato la introdusse al medico legale, che sollevò appena lo sguardo. Riconobbe il professor  Monsalvo, un luminare nel suo campo. Poi tutti gli sguardi tornarono sul povero corpo senza vita.

Si trattava di una donna, supinamente adagiata sulla spiaggia. Mostrava di aver avuto una sessantina d’anni circa. L’avvocato fu colpita dall’abbigliamento indossato dalla donna: un abito nero alquanto elegante e scarpe nere con  tacco a spillo di almeno dodici centimetri, indossate su calze velate nere. Un abbigliamento decisamente inadatto  per una passeggiata al mare, pensò tra sé la penalista.

Come il  medico sollevò le mani dal povero corpo esanime, l’avvocato poté notare le dita lunghe e ben curate della vittima. Notò anche che il mignolo e l’anulare della mano sinistra avevano pressoché la stessa lunghezza.

-        « Può dirci come è morta?!»

-        «E’ stata strangolata.»- rispose in tono asciutto il medico.

-        «A che ora?»

-        «Non posso affermarlo con esattezza ma direi ben prima dell’ora del suo ritrovamento; il rigor mortis infatti è quasi completo. Potrò essere  più preciso soltanto dopo l’autopsia.»

-        «Il Procuratore dov’è? Ha già fissato la data dell’autopsia?» – disse l’avvocato Levi rivolta all’appuntato e al medico.

-        «Eccolo là! E’ impegnato con la troupe di SeleneSatTV!»

Seguendo  con lo sguardo l’indicazione del militare l’avvocato Levi  vide il procuratore generale aggiunto dott. Bartolomeo Gessa che si pavoneggiava davanti alle telecamere della principale televisione regionale.

Si era sempre chiesta come facessero certe TV a trovarsi nel posto giusto, al momento giusto. E come facessero certi uomini a farsi trovare eleganti e sbarbati di fresco alle ore più impensate del giorno e della notte.

Lei, a parte i problemi di un trucco adeguato alle quattro  del mattino, aveva ereditato la ritrosia e l’allergia del suo maestro ad apparire in televisione.

Parlare con i mass-media”, le aveva confidato una volta, pronunciando la parola “media” alla latina, “significa dover adottare un linguaggio e un modo di descrivere le cose che contrasta con le esigenze di analisi e di riflessione interiore che sono prerogative di un buon penalista”.

La cosa doveva valere, a maggior ragione, per un efficace esercizio dell’accusa, pensava con convinzione l’avvocato Levi.

    -«Aveva con sé degli effetti personali? La sua borsetta, ad esempio?» – chiese ancora l’avvocato Levi all’appuntato, che osservava con adorazione il magistrato che rispondeva alle domande di una giornalista, illuminato dai riflettori.

    - «Lo chieda al maresciallo Camboni, che comandava l’unità operativa intervenuta. Eccolo là che viene!»

    - «Buongiorno avvocato» – disse il maresciallo Camboni stringendole la mano, dopo le presentazioni di rito.

La borsetta era stata posta sotto sequestro e il sospettato era già in viaggio per il carcere di Uta, per disposizione del procuratore aggiunto Gessa!

Il dottor  Gessa, intanto, finita l’intervista, si stava avvicinando al quartetto.

Salutò con un largo sorriso, stringendo la mano all’avvocato e al medico legale. I due militari erano subito scattati sugli attenti, portando la mano destra alla visiera del loro cappello  in segno di ossequioso saluto.

-        « Quando pensa ci sarà l’interrogatorio di garanzia?» chiese l’avvocato dopo i convenevoli.

-        «In settimana. Il giorno esatto dipenderà dagli impegni del Giudice per le Indagini Preliminari. Venga a trovarmi a Palazzo, così le faccio notificare anche l’incidente probatorio! Ce la fa per mercoledì  ad eseguire l’autopsia, professore?» – aggiunse  di seguito il magistrato rivolgendosi al medico legale.

-        «Ce la faccio»- rispose Monsalvo, sempre con quel suo tono asciutto.

-        « Allora ci vediamo domani alle nove!»– disse il procuratore aggiunto rivolto ad entrambi.

-        «Alle nove io penso di essere ancora a Uta per conferire con il mio cliente» – interpose l’avvocato.

-        «Ah! Certo!» – fece il dott. Gessa – «Facciamo a mezzogiorno allora?»

-        «A domani a mezzogiorno!» – confermarono sia  il medico, sia l’avvocato.

-        «Buonanotte allora!» – salutò il procuratore generale andando via, seguito dai due sottufficiali di polizia giudiziaria.

Anche l’avvocato Levi e il prof. Monsalvo si salutarono, aggiornandosi all’indomani mattina.

Recuperata la sua auto, l’avvocato si avviò verso casa. Aveva giusto bisogno di riposarsi e raccogliere un po’ le idee. Gli serviva la versione del suo cliente, prima ancora di quella degli inquirenti, che comunque avrebbe appreso dai verbali.

I suoi pensieri si sarebbero schiariti al mattino, come le tenebre che ancora avvolgevano la città silenziosa si sarebbero schiarite al levarsi del sole.

 

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