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Delitto
al Quadrivio
Capitolo
Primo
L’Avvocato
Luisa Levi venne svegliata dallo squillo del suo cellulare proprio mentre
sognava suo padre, morto dodici anni prima. Le sembrò d’essersi addormentata da
molto, ma in realtà la sua sveglia, una
volta accesa l’abat-jour del suo comodino, segnava appena l’una e mezza circa.
Si
ricordò in un lampo che era il suo turno di reperibilità come difensore e
rispose al cellulare.
-
«Carabinieri Radio Mobile»- disse una voce
maschile dall’indefinito accento centromeridionale.
-
«Qui è l’avvocato Luisa Levi.»-
-
«Buongiorno avvocato. Sono
l’appuntato Frongia. Al Palazzo mi hanno
dato il suo nome per il turno d’ufficio…»
Il
cognome denotava una chiara origine sarda, nonostante l’accento, che oscillava
tra Roma e Napoli.
-«Sì, certo. Cos’è successo?»
-«C’è stato un omicidio, qui al Quadrivio…»
- «Com’è successo’?»
- «Non saprei esattamente…però abbiamo preso
l’assassino!»
- «Ah! Quindi in flagranza di reato?»
- «Ehm…quasi in flagranza…»
All’avvocato
Luisa Levi tornarono in mente le parole
del suo maestro, l’avvocato Serra Laconi
“Il
nemico numero uno del penalista è l’approssimazione!”
-
«Chi
avete fermato?”
-
«Un
certo Gino Garau, un pregiudicato già noto alle forze dell’ordine!»
-
«Il Pubblico Ministero è già lì?»
-
«Non ancora, avvoca’! Ma la Procura è
stata già avvisata…»
-
«Qual è il luogo esatto?»
-
«Siamo nella spiaggia del Quadrivio, lato
Cagliari…»
Il
Quadrivio, sin dagli albori del boom economico,
era stato un rinomato ritrovo sul litorale del Poetto, lungo la spiaggia
che collega Cagliari a Quartu S.Elena, senza soluzione di continuità. Alla fine
degli anni novanta, morto il fondatore, gli eredi si erano messi a litigare; i
veti incrociati tra gli eredi testamentari e quelli legittimi avevano finito
coll’impedire all’attività di funzionare; e l’esercizio era rimasto
chiuso, mentre l’enorme fabbricato che aveva ospitato bar, ristorante e sala
biliardo mostrava segni evidenti di abbandono.
L’avvocato
Levi si vestì in fretta ma senza trascurare alcuni dettagli. Le notti di
maestrale a Cagliari, anche a settembre,
richiedevano necessari accorgimenti: una crema protettiva per il viso; un
foulard per proteggere la gola; un giaccone con cappuccio; le calze di nylon e
una scarpa a tacco basso avrebbero ovviato alle esigenze di termo protezione,
di comodità e di eleganza.
Da
casa sua, a quell’ora, lasciando Monte Urpinu per la litoranea, le bastarono quindici minuti per raggiungere
il luogo indicato.
Parcheggiò
la sua auto davanti all’edifico e seguì il segnale lampeggiante delle auto dei Carabinieri.
Alla
luce di un potente faro montato su un fuoristrada vide il medico legale che si accingeva all’esame
sommario di un corpo che giaceva sulla sabbia umida. Un cono di luce
proveniente dall’illuminazione della via adiacente rendeva il compito del
funzionario medico più agevole.
L’avvocato Levi si presentò all’appuntato, dopo
averlo identificato dai baffi rossi
sulle spalline del giaccone, che anche lui , evidentemente, aveva sentito
l’esigenza di indossare.
L’appuntato
la introdusse al medico legale, che sollevò appena lo sguardo. Riconobbe il
professor Monsalvo, un luminare nel suo
campo. Poi tutti gli sguardi tornarono sul povero corpo senza vita.
Si
trattava di una donna, supinamente adagiata sulla spiaggia. Mostrava di aver
avuto una sessantina d’anni circa. L’avvocato fu colpita dall’abbigliamento
indossato dalla donna: un abito nero alquanto elegante e scarpe nere con tacco a spillo di almeno dodici centimetri,
indossate su calze velate nere. Un abbigliamento decisamente inadatto per una passeggiata al mare, pensò tra sé la
penalista.
Come
il medico sollevò le mani dal povero
corpo esanime, l’avvocato poté notare le dita lunghe e ben curate della
vittima. Notò anche che il mignolo e l’anulare della mano sinistra avevano
pressoché la stessa lunghezza.
-
« Può dirci come è morta?!»
-
«E’ stata strangolata.»- rispose in tono
asciutto il medico.
-
«A che ora?»
-
«Non posso affermarlo con esattezza ma
direi ben prima dell’ora del suo ritrovamento; il rigor mortis infatti è quasi
completo. Potrò essere più preciso
soltanto dopo l’autopsia.»
-
«Il Procuratore dov’è? Ha già fissato la
data dell’autopsia?» – disse l’avvocato Levi rivolta all’appuntato e al medico.
-
«Eccolo là! E’ impegnato con la troupe di
SeleneSatTV!»
Seguendo con lo sguardo l’indicazione del militare
l’avvocato Levi vide il procuratore
generale aggiunto dott. Bartolomeo Gessa che si pavoneggiava davanti alle
telecamere della principale televisione regionale.
Si era sempre chiesta come facessero
certe TV a trovarsi nel posto giusto, al momento giusto. E come facessero certi
uomini a farsi trovare eleganti e sbarbati di fresco alle ore più impensate del
giorno e della notte.
Lei, a parte i problemi di un trucco
adeguato alle quattro del mattino, aveva
ereditato la ritrosia e l’allergia del suo maestro ad apparire in televisione.
“Parlare
con i mass-media”, le aveva confidato una volta, pronunciando la parola
“media” alla latina, “significa dover
adottare un linguaggio e un modo di descrivere le cose che contrasta con le
esigenze di analisi e di riflessione interiore che sono prerogative di un buon
penalista”.
La
cosa doveva valere, a maggior ragione, per un efficace esercizio dell’accusa,
pensava con convinzione l’avvocato Levi.
-«Aveva con sé degli effetti personali? La
sua borsetta, ad esempio?» – chiese ancora l’avvocato Levi all’appuntato, che
osservava con adorazione il magistrato che rispondeva alle domande di una
giornalista, illuminato dai riflettori.
- «Lo chieda al maresciallo Camboni, che
comandava l’unità operativa intervenuta. Eccolo là che viene!»
- «Buongiorno avvocato» – disse il
maresciallo Camboni stringendole la mano, dopo le presentazioni di rito.
La
borsetta era stata posta sotto sequestro e il sospettato era già in viaggio per
il carcere di Uta, per disposizione del procuratore aggiunto Gessa!
Il
dottor Gessa, intanto, finita
l’intervista, si stava avvicinando al quartetto.
Salutò
con un largo sorriso, stringendo la mano all’avvocato e al medico legale. I due
militari erano subito scattati sugli attenti, portando la mano destra alla
visiera del loro cappello in segno di
ossequioso saluto.
-
« Quando pensa ci sarà l’interrogatorio di
garanzia?» chiese l’avvocato dopo i convenevoli.
-
«In settimana. Il giorno esatto dipenderà
dagli impegni del Giudice per le Indagini Preliminari. Venga a trovarmi a
Palazzo, così le faccio notificare anche l’incidente probatorio! Ce la fa per
mercoledì ad eseguire l’autopsia,
professore?» – aggiunse di seguito il
magistrato rivolgendosi al medico legale.
-
«Ce la faccio»- rispose Monsalvo, sempre
con quel suo tono asciutto.
-
« Allora ci vediamo domani alle nove!»–
disse il procuratore aggiunto rivolto ad entrambi.
-
«Alle nove io penso di essere ancora a Uta
per conferire con il mio cliente» – interpose l’avvocato.
-
«Ah! Certo!» – fece il dott. Gessa –
«Facciamo a mezzogiorno allora?»
-
«A domani a mezzogiorno!» – confermarono
sia il medico, sia l’avvocato.
-
«Buonanotte allora!» – salutò il
procuratore generale andando via, seguito dai due sottufficiali di polizia
giudiziaria.
Anche l’avvocato Levi e il prof.
Monsalvo si salutarono, aggiornandosi all’indomani mattina.
Recuperata la sua auto, l’avvocato si
avviò verso casa. Aveva giusto bisogno di riposarsi e raccogliere un po’ le
idee. Gli serviva la versione del suo cliente, prima ancora di quella degli
inquirenti, che comunque avrebbe appreso dai verbali.
I suoi pensieri si sarebbero
schiariti al mattino, come le tenebre che ancora avvolgevano la città
silenziosa si sarebbero schiarite al levarsi del sole.
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