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Adriano Celentano
Ritratto informale di un grande artista
Celentano
è sicuramente un grande cantante. Ma definirlo soltanto così sarebbe riduttivo,
dato che ha dimostrato di possedere una personalità artistica che esula dalla semplice
attività canora, mettendo in luce le sue qualità di autore, di attore, di
regista e perfino di presentatore televisivo. Insomma, un artista davvero a
tutto tondo. Inoltre egli ha tutti i requisiti per essere considerato un
profeta: un profeta un po’ sbruffone e canterino, ma pur sempre un profeta.
In
primo luogo lui è convinto di esserlo. Ma questo, da solo, ovviamente non
basta. Altrimenti il mondo sarebbe pieno di profeti. Invece quelli autentici,
come lui, sono davvero pochi.
Dei
profeti, poi, l’Adriano nazionale ha il coraggio di andare controcorrente e di
dire ciò che sente e non, come certi falsi profeti, ciò che la gente vuol
sentire.
In
terzo luogo Il Molleggiato è un artista vero: egli ha quella sensibilità
d’animo senza la quale non esistono né profeti né profezie.
Last
but not least, Celentano ha l’animo del fustigatore.
Andiamo a leggere la Bibbia: da Elia, a Geremia, da Daniele a Isaia, da Sofonia
a Giovanni Battista, tutti i profeti dell’Antico e del Nuovo Testamento,
richiamavano i potenti alla sobrietà, alla penitenza, al sacrificio, al
rispetto di Dio.
La
sua vena profetica è proprio iscritta nel suo DNA artistico: non si scrivono e
non si cantano canzoni come “Il ragazzo della via Gluck” se non si possiede un
animo profetico. E anche il long playing “Il forestiero”, che è di qualche anno
dopo, è zeppo di ispirazioni religiose e profetiche, a cominciare dal brano che
dà il titolo dell’EllePi, dove Celentano canta l’incontro di Gesù, al
pozzo di Sicar, con la Samaritana, uno dei brani caratteristici del
Vangelo di San Giovanni.
Eppure
il Celentano profeta emerge con prepotente vitalità e con autentica ispirazione
quando si ritrova davanti un microfono e una telecamera che lo collegano con
l’Italia che assiste davanti ai piccoli schermi a quelle celebrazioni
quotidiane che incidono veramente e nel profondo nella cultura popolare
italiana.
Celentano
in TV è stato un fenomeno senza precedenti, grazie al suo carisma e alla sua
indubbia personalità artistica.
Il
suo primo grande programma di successo è stato Fantastico nel 1987.
Ritorna
in televisione nel 1999 con uno show tutto suo dal titolo “Francamente me ne
infischio”.
Torna
a condurre un programma televisivo nel 2005 sempre alla Rai. Il suo titolo è Rockpolitick.
Come d'abitudine pretende dalla Rai "carta bianca" sui testi e
sull'intero progetto.
Il
26 novembre 2007, sempre alla Rai Celentano torna in diretta con uno spettacolo
in prima serata dal titolo “La situazione di mia sorella non è buona”,
dove per "sorella" intende il pianeta Terra.
Il
programma è stato visto da 9.200.000 con picchi di 11 milioni di spettatori.
Dal
piccolo schermo sono partite le invettive più accorate e veementi del profeta
Celentano: sulla caccia, sulla politica, sull’ambiente, sull’inquinamento,
sulla moda, sulla vita e anche sulla morte.
Non
sono mancate nella carriera televisiva di Adriano gli eccessi verbali e le
polemiche.
Se
fosse stato un profeta biblico lo avrebbero gettato in pozzo, oppure lo
avrebbero decapitato, pur di tappargli la bocca.
Se
la televisione non fosse stata un mezzo di cui il potere si è servito, e ancora
si serve, per orientare le masse nella direzione desiderata, gli avrebbero
sicuramente chiuso i microfoni e oscurato le telecamere. Ma “Il Molleggiato”
si è servito dello stesso strumento di potere per diffondere i suoi sermoni.
Anche in questo è stato geniale. Altrimenti sarebbe stato anche lui una voce
che grida nel deserto.
E
poi, in fondo, il Celentano televisivo non ha mai veramente attentato al
potere. Il suo spirito rivoluzionario e profetico ha un carattere riformista e
non violento; e, soprattutto, non ha mai assunto una netta colorazione
politica, a parte quella volta in cui si è espresso favorevolmente per il
referendum sulla caccia. Per quella vicenda subì perfino un processo, anche se
alla fine venne assolto e svicolò alla grande dichiarando di essere “il re
degli ignoranti”, uno dei soprannomi che gli è rimasto appiccicato addosso.
Celeberrima
anche l’invettiva che nel 2012 l’oppose ai Paolini (gli editori del settimanale
“Famiglia Cristiana”).
Valutando
la storia artistica e personale di Adriano Celentano, son portato a pensare
che, mentre dal palco di Sanremo se la prendeva con il famoso settimanale
cattolico, il Molleggiato avesse in mente quel bellissimo brano dei Vangeli
dove Gesù, poco prima di essere catturato e condannato a morte, scacciava i
mercanti dal Tempio di Gerusalemme, prendendoli a frustate ed apostrofandoli
con male parole.
Probabilmente
in questa circostanza Adriano Celentano ha ecceduto, forse interpretando troppo
vivacemente il suo ruolo di profeta new wave. Come quella volta che
definì deficiente un famoso critico del Corriere della Sera (per quella vicenda
Celentano fu condannato in tribunale a risarcire il critico vilipeso con 30.000
Euro).
Piccole
macchie nella sua lunga carriera che però non tolgono niente alla caratura di
un artista notevole.
Dio
i profeti li sceglie sin da quando riposano nel seno materno. Che piaccia o no
ai farisei di oggi, come non piaceva a quelli di ieri.
Naturalmente
essendo un cantante, le sue profezie vengono diffuse anche con le sue canzoni.
E non soltanto con le canzonette, se è vero com’è vero che Adriano Celentano si
è messo da subito in mostra anche nel cinema.
Dalla
fine degli anni Cinquanta all'inizio degli anni Novanta, infatti, il
Molleggiato ha recitato in più di quaranta film, tra i quali «Il bisbetico
domato» a «Lui è peggio di me», passando per «Bingo Bongo», «Il burbero» e
«Innamorato pazzo».
Da
«I ragazzi del juke-box» del 1959 a «Jackpot» del 1992, Celentano ha preso
parte anche a molti lungometraggi, lavorando con registi del calibro di Fellini, Corbucci, Germi,
Lattuada, Festa Campanile e Dario Argento.
Ha
collaborato infine con Castellano e Pipolo, per i quali ha recitato in nove
commedie. Con il suo fare da sbruffone irriverente, Adriano ha conquistato in
pieno il pubblico italiano.
Tornando
all’attività principale dell’Adriano nazionale, premetto che è davvero
impossibile elencare tutta la sua discografia. Io cercherò di dare un’idea
generale, ricordando i suoi successi più importanti e più famosi.
Il
suo primo grande successo come cantante è
stato un brano rivoluzionario del 1959: “Il tuo bacio è come un rock”.
Celentano bissò il successo nel 1961 con una canzone controcorrente: “Ventiquattromila
baci” che si guadagnò un bel secondo posto al festival di Sanremo di quell’anno.
Celentano
poi ha scritto per l’Italia il primo grande manifesto ecologico del secolo
scorso, come ho già avuto modo di accennare. Era il 1966 e il brano si chiamava
e si chiama “Il ragazzo della via Gluck”, (seguito nel 1972 da un altro
capolavoro “Un albero di trenta piani”).
Nel
1967, tra i tanti, due successi: “Siamo la coppia più bella del mondo” e, in
piena rivoluzione sociale, ha il coraggio di andare contro la musica beat e
soprattutto contro l’uso e il consumo delle droghe (“Tre passi in avanti”).
Nel
1968 ancora due successi evergreen: “Azzurro” di Paolo Conte e “Una carezza in
un pugno”.
A
Sanremo c’è tornato nel 1970 con il brano “Chi non lavora non fa l’amore”.
Il
brano fu presentato al Festival di Sanremo 1970 da Celentano in abbinamento con
la moglie Claudia Mori, risultando vincitore della kermesse canora più
importante d’Italia. Sono autori della canzone lo stesso Celentano, Nando de
Luca, Luciano Beretta e Miki Del Prete.
Con
questa canzone, una ballata di protesta contro gli scioperi, in pieno autunno
caldo, Celentano viene definito qualunquista, fascista e reazionario. Ma si sa,
i profeti sono abituati a essere criticati.
E
invece di offendersi il nostro va avanti imperterrito. Dopo il Festival il
singolo vende quasi un milione di copie arrivando nelle prime posizioni in Italia e anche all’estero. Celentano
dichiarerà: "Non credevo che avrei vinto, ma ero certo che avrei
venduto un milione di dischi". Profeta e sbruffone, per l’appunto.
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